Al 71’ Carlos pennella un sinistro perfetto per Ferrante che, di testa, pareggia. L’inerzia è tutta nostra, la Lazio resta in dieci, quasi allo scadere Marinelli salta Stam (avete letto bene) e calcia di sinistro dal limite, ma un grande Peruzzi nega l’apoteosi. Nonostante la salvezza disti nove punti, la prova del nostro nuovo beniamino ci regala quell’ottimismo totalmente irrazionale che conosciamo bene, ma a cui, in certi momenti, non riusciamo proprio a non aggrapparci. Il calendario ci mette di fronte proprio il Modena quintultimo. Quale occasione migliore per provare a riaprire la lotta?
In una domenica soleggiata, ma gelida, Ulivieri pensa bene di ghiacciarci ulteriormente l’anima scegliendo, per la partita della vita, Magallanes dal 1’, con Marinelli in panchina. Dobbiamo aspettare la ripresa per vedere esordire il numero 19 sotto la Maratona. Al 58’ Milanetto porta in vantaggio i canarini, poi 7’ dopo ci pensa Carlos che parte ai venti metri, finta per liberarsi di un avversario, dà l’impressione di perdere l’equilibrio, ma è solo una scusa per ritrovarlo e mandare a spasso un secondo difensore, saltarne un terzo e mettere Vergassola in condizione di pareggiare con un bellissimo pallonetto. La curva che alza progressivamente il volume sulla giocata dell’argentino è uno dei pochi momenti d’oro della stagione. Peccato che il possibile gol vittoria di Omolade nel finale si fermi letteralmente sulle chiappe di Ballotta in uscita. Uscendo dallo stadio, la sensazione è strana: da un lato l’amarezza per una retrocessione ormai inevitabile, dall’altro le farfalle nello stomaco di quando ti innamori. Già, perché mi ero letteralmente innamorato di Marinelli.
Per il Toro la situazione riesce nell’impresa di peggiorare ulteriormente: il 3-0 in casa contro il Milan, l’invasione di campo che interrompe la gara e regala un finale di stagione sul neutro di Reggio Emilia. Si torna a Torino solo per il derby di ritorno e si chiede ai nostri, almeno lì, una prova d’orgoglio. Che arriva. Con la coppia Zaccarelli-Ferri in panchina, i granata vanno sotto subito per un’autorete, ma non si arrendono, lottano e menano. Marinelli è fra i migliori, soprattutto nella prima frazione, suggellata da una sontuosa giocata a rientrare da sinistra, con destro fuori di un pelo. Nel secondo tempo, col Toro già nove contro dieci, Marinelli mette una mano sulla spalla all’arbitro De Santis per chiedere spiegazioni: espulso. Esce dal campo scuotendo la testa, ridendo amaro. Non vedrà Fattori sbagliare uno dei gol più incredibili di sempre. Di fatto, non vedrà più la serie A italiana.
Il sogno di avere Marinelli a condurre il Toro nella risalita dalla serie cadetta finisce in fretta per un assurdo gioco al rialzo nella trattativa. Quel sogno esce dalla porta, ma rientra dalla finestra un anno e mezzo dopo. Stagione 2004/2005, il secondo Toro di Ezio Rossi è una gran bella squadra che sta lottando ai vertici e, soprattutto, dà l’idea di poter mantenere parecchio anche nella massima serie. A gennaio La Stampa apre con il titolo “Riecco Marinelli: con Pinga per una coppia da sogno”. Svengo. La passerella prima della partita interna contro la Ternana, in attesa del transfer, accolto come un Dio, sembra far iniziare l’avventura sotto i migliori auspici. Invece.
L’esordio è contro il Verona. Marinelli entra col Toro sotto 1-0 e pensa bene di rifilare una gomitata a Guarente: espulso. Rientra contro il Bari, spezzone di pregio a risultato acquisito. Rossi non vara la coppia con Pinga, la prima da titolare è una sconfitta contro il Cesena, poi qualcosa sembra girare contro il Pescara, dove, alle spalle di Marazzina e Maniero, Marinelli trova il suo primo e unico gol al Toro (un rigore non memorabile) e la squadra gira benissimo. Dura poco. Nel finale perde progressivamente spazio, con Zaccarelli, subentrato a Rossi, si arriva allo zero e l’ultima immagine che ho di lui è a bordocampo in canotta, nei supplementari della finale playoff contro il Perugia, ad aizzare la folla. Non bisognerebbe mai ritornare.
Il Toro fallisce e sembrerebbe che tra gli “eroi” che decideranno di restare a ripartire da zero ci sia proprio lui. Falso. Nel frattempo il suo procuratore gli aveva fatto firmare un contratto con una squadra dilettantistica argentina. Se ne riparla a gennaio. Ma a gennaio, tra i tanti nuovi arrivi per rimpolpare la squadra, il suo nome non c’è. Finita davvero. Gli tocca girovagare fra varie squadre in giro per il mondo, in alcune stagoni, fino a poco tempo fa, Wikipedia aveva messo un punto interrogativo alla voce presenze e gol, lacuna ora colmata. A volte non bastano i piedi d’oro che fanno più o meno quello che gli chiedi. A volte si ha tutto, apparentemente, per sfondare. A volte finisce così. Con l’amaro in bocca per l’occasione persa. Con la cocciuta convinzione, la mia, che Carlos Marinelli sia uno dei più grandi crack mancati del calcio.
Francesco Bugnone
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