Sarà stato CR7, anche solo per un lungo istante, tifoso del Real Madrid? Oppure Nedved, in una chiacchierata confidenziale con il giocatore portoghese, avrà scoperto che sin dai tempi della sua cameretta di infante nella sperduta isola di Madera, aveva i poster di Trapattoni, Vialli e magari persino Roberto Bettega? Forse siamo vicini ad ipotizzare un vero scoop giornalistico, perché Nedved, con le sue improvvide dichiarazioni su Marotta, ha svelato al mondo le vere strategie di ogni mercato bianconero: assoldare alle proprie dipendenze solo coloro che possano dimostrare di essere tifosi della Juventus. Sembrerebbe essere una questione di dna, e non di soldi. Ma il giocatore/tifoso uscito dalle strategie sportive della Juventus, cosa dovrebbe fare a quel punto? Smettere di giocare? Ma no, Nedved e la Juve in fondo non sono così pretenziosi; basterà che Simone Padoin abbia cura di accasarsi in una società, il Cagliari, assolutamente non concorrente con i legittimi(sic) interessi bianconeri. Ma con Paul Pogba come la mettiamo, signor Nedved? Dalle dichiarazioni del suo capo Andrea Agnelli, si ha la sensazione che il forte centrocampista francese si sia sacrificato, in quanto giocatore/tifoso, al ruolo di bancomat per un prelievo di 110 milioni di euro direttamente dalla ricca cassa continua del Manchester United.
“Era arrivata l’ora di andare”, dichiarò nell’estate 2016 il fuoriclasse francese, in un commento malinconico/letterario da personaggio di un romanzo francese ambientato tra le ghigliottine della rivoluzione del 1789, con la presa della Bastiglia da 110 milioni di euro a favore della Juventus. Ma i giocatori/tifosi della Juventus sono così, sempre pronti ad immolarsi per la causa. Padoin e Pogba ovviamente non si sarebbero mai permessi di andare a giocare per l’Inter, non ne avrebbero avuto proprio lo stomaco. Perché nella vita, secondo il Nedved pensiero appena emerso in questi giorni, non sono importanti i soldi ma l’appartenenza. Forse per questo Aurelio De Laurentis non ha mai voluto ingaggiare Ciro Immobile, che avrebbe dato l’anima e anche qualcosa di più per giocare nella squadra della sua città. L’esperienza di Fabio Quagliarella, a De Laurentis, deve essere bastata, tanto da sbolognare rapidamente il giocatore/tifoso bianconero. Comunque, sia Quagliarella che Immobile, mai hanno avuto l’intenzione di accasarsi all’Inter o al Milan. Sicuramente è una rappresentazione inverosimile quella fatta fino adesso, ma le parole del dirigente juventino su Marotta forse giustificano in parte questa atmosfera surreale nella quale mi sono fatto avvinghiare. Probabilmente non c’è nessun orizzonte esistenziale o ideale nelle parole di Nedved. Probabilmente c’è solo paura di un dirigente assai capace, e scaricato malamente e repentinamente dal suo capo, approdato nella società avvertita storicamente dalla Juve come sua vera rivale. C’è il timore che i soldi di Suning utilizzati dal talento di Marotta possano finalmente porre un argine ad uno strapotere juventino diventato ormai oggettivamente imbarazzante per tutto il calcio italiano. C’è stato, da parte di Nedved(e sicuramente condiviso con Andrea Agnelli), un esprimere un concetto improvvisamente venuto fuori in modo palese: forse licenziare Marotta è stato l’errore più grave mai commesso dal rampollo di Umberto. Si tratta di soldi, potere e ambizioni, quindi, e non di un supposto sentiment da tifoso narrato dal vicepresidente della Juventus. Gli unici tifosi sono quelli che, per ragione semplicemente di amore incondizionato, mettono e non prendono soldi dalle società per cui tengono. Gli unici tifosi sono quelle persone che vorrebbero qualche giovane cresciuto nelle giovanili giocare per i loro colori, e che mai avrebbero una ragione per mettersi a tifare per qualcun altro. Un antico detto ceco recita che “nel vaso di Pandora dell’universo non è stato celato altro che il tempo”. Se lo ricordi Nedved quando arriverà domani e, probabilmente, il suo vento cambierà ancora. Buon natale a tutti.
(ha collaborato Carmelo Pennisi)
Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.
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