Resta a mio avviso il rammarico di perdere (perché con ogni probabilità Longo andrà via per cimentarsi con la guida di una prima squadra) un elemento che ha le classiche stimmate del predestinato. E consola solo fino ad un certo punto il pensiero e la speranza che un giorno Moreno possa tornare, più esperto e navigato, “a casa” : nemo propheta in patria dicevano i latini e i casi di Claudio Sala, Rampanti, Ezio Rossi o Lerda sembrano confermare come la panchina del Toro non porti bene a chi il Toro ce l’ha nel sangue. Anche Antonino Asta, che come Longo aveva fatto eccellenti cose con le squadre giovanili granata, una volta lasciato il “nido” è partito benissimo con Monza e Bassano, ma si è incagliato sul Lecce, tappa che per ora ne ha arrestato la carriera.
Ovviamente auguriamo a Longo miglior sorte, ma facciamo un passo indietro e poniamoci un paio di domande: lanciare Longo al posto di Ventura sarebbe stato davvero un rischio troppo alto? E la scelta di Mihajlovic sottintende davvero il desiderio della società di fare un salto in alto a livello di ambizioni ed obbiettivi?
A mio parere le due domande sono legate e mi spiego. I recenti casi di allenatori che hanno fatto il salto dalla Primavera alla Prima Squadra (e penso a Stramaccioni, i due fratelli Inzaghi o Brocchi) sono stati caratterizzati da più ombre che luci. La mancanza di esperienza, della famosa “gavetta”, di sicuro è un handicap per questi giovani allenatori, ma determinante a mio avviso è anche il contesto societario in cui operano: nel Milan degli ultimi anni fallirebbe anche Mourinho perché la dirigenza è in stato confusionale e probabilmente non riesce a “proteggere” adeguatamente il proprio allenatore, chiunque esso sia. Chiaro che uno giovane ed inesperto possa patire maggiormente questo clima. Analogamente si può traslare la questione sul Torino. Uno dei meriti innegabili di Ventura è stato quello di far crescere la società, stabilizzando maggiormente i processi decisionali che partivano dal presidente. Se Cairo è davvero cambiato come sembra, scegliere Longo come successore di Ventura avrebbe potuto avere un senso visto anche l’enorme credito che il giovane mister godeva (e gode) coi tifosi.
Ma la stessa cosa vale anche per Mihajlovic: il suo arrivo prelude un certo tipo di campionato che andrà supportato con un certo tipo di atteggiamento societario sul mercato, ma non solo. Ecco quindi che i due quesiti in realtà si fondono in un unica grande domanda: saprà Cairo dimostrare solidità ora che non c’è più Ventura e farsi carico delle difficoltà che il suo allenatore incontrerà nell'arco della stagione? Sarà un Cairo 2.0 oppure rivedremo la vecchia versione del presidente pronto a seguire la banderuola ogni volta che cambia il vento? Ovviamente ci auguriamo che il mantra venturiano della crescita abbia contagiato anche l’editore alessandrino: la chiave di tutto resta lui. Scegliere Mihajlovic implica anche la volontà di “alzare l’asticella”: ma questa è tutta un’altra storia…
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