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Ma quello che io volevo era fargli un bel sombrero, un tunnel, fargli girare la testa”; è il calcio “gaucho” a muovere il cuore e l’istinto di Maradona, quella fusione tra strada, barrio e milonga a dare bellezza e calcio negli stinchi alla vita grama. Una nazione vuole un po’ di pace da quel dolore per quei 323 marinai di leva finiti in fondo all’oceano insieme all’incrociatore “General Belgrano”, colpito da tre siluri da un sommergibile nucleare della flotta di Sua Maestà, la regina d’Inghilterra. Sono passati quattro anni da quel giorno, e ora, dopo il gol di mano del loro fuoriclasse, da Buenos Aires alla Pampa fino alla fine del mondo della Patagonia, sono certi che qualche altra cosa stia per accadere: non è forse Maradona quello sbarcato a Napoli per sfidare la Juventus? “Hai idea – disse, divertito, in una intervista/documentario a Emir Kusturica – cosa vuol dire in Italia sfidare la squadra e il potere degli Agnelli”? C’è un caldo intenso e un’aria più rarefatta che mai (l’altitudine è proprio quella degli dei), quando Hector Enrique, controverso centrocampista del “River Plate”, da il via all’incanto di quei mitici dieci secondi, passa la palla a Maradona e tutto il mondo sta per assistere al mistero tradotto nella realtà. “La tocca per Diego”…, rimbomba nella mente quell’incipit di Victor Hugo Morales, l’Omero che sta per cantare l’ennesima “Iliade” degli uomini, e l’Inghilterra va a sgretolarsi davanti al “Barrilete Cosmico”(aquilone cosmico) volato via dalle polverose strade di Villa Fiorito alla conquista del mondo. Hoddle, Reid, Sansom, Butcher, Fenwick, e Shilton(il portiere) vengono “dribblati” neanche fossero dei ragazzini del settore giovanile durante una partita di allenamento, e il “numero dieci” Albiceleste va a depositare una palla in rete che rimarrà per sempre nel cuore e nell’anima di ogni generazione di argentini. L’umiliazione e il dolore sono spazzati via in un attimo come solo il calcio sa fare, e anche se niente potrà restituire la vita persa in fondo al mare di 323 giovani, è il diritto di sorridere ad essere restituito. Solo chi non ha mai provato un dolore grande può sottovalutare ciò. La foto che immortala Maradona mentre sta per superare Shilton pare uscire da una sincope da videogioco, il suo viso da “futbolista de potrero”(calciatore di strada) si è trasfigurato in quello di una sua statuina stilizzata venduta nei rioni di Napoli e si capisce come Shilton, uno dei più grandi portieri della storia del calcio inglese e mondiale, niente potrà fare per impedirgli l’appuntamento con il destino. Poi c’è la corsa, inseguito dai compagni, verso la bandierina del calcio d’angolo con le dita ad indicare il cielo, mai così vicino, e a quel punto non c’è casa argentina dove non sia scesa una lacrima. Li aveva piegati, gli inglesi, con l’astuzia di Ulisse e con il coraggio di Ettore, e con la rivoluzione compiuta a quel punto forse la sua vita da leggenda era giunta se non al suo epilogo, certamente al suo apogeo. “Il calcio aveva detto tutto –scrive ancora Valdano-, perché tutto quel che faceva su un campo di calcio era al di là dell’immaginazione e della ragione. Mi fanno ridere quelli che lo mettono a confronto con Messi.
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Messi gioca con i due-tre metri di vantaggio del calcio moderno. Vorrei vedere Maradona con quei metri di vantaggio quanti altri gol avrebbe fatto. Confesso che dopo aver visto quell’azione e quella rete contro l’Inghilterra di aver pensato di smettere”. Ho ripensato a quel gol e a quell’avvenire eterno continuamente spalancato davanti a noi mentre guardavo la volta della Cappella Sistina, alla fiducia che il Creatore, da qualche parte nel cielo, continua ad avere in noi e nelle nostre possibilità. Da persona del sud mi ritorna in mente quel suo essersi dato alla squadra simbolo del meridione Italia, convincendola, e convincendoci, che non c’è destino gramo e ineluttabile al quale arrendersi, e rendendoci fieri. Quasi piango nel ripensare alla sua ultima immagine pubblica, in cui, sorretto da due persone perché non riusciva più a camminare, da lontano prometteva ad un bambino che domani gli avrebbe raccontato un po’ di football. Quel domani si è fermato il 25 novembre del 2020, e ti chiedi cosa rimarrà di quei 60 metri percorsi in dieci secondi, dei 6 avversari superati e dei quindici tocchi di palla. Forse consapevolezza e istinto, l’invito ad iniziare un percorso anche senza conoscere il modo di come portarlo a compimento. Certo, c’è sempre un imprevisto dietro l’angolo, ma bisogna avere fiducia. “La tocca per Diego…”, e tutto comincia.
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