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“Dimmelo e me lo dimenticherò. Mostramelo e forse lo ricorderò. Coinvolgimi e capirò”, recita un vecchio detto, monito alla capacità di ogni intelligenza di mettersi in collegamento davanti ad una realtà costituita. Il calcio ha sempre cercato quanto meno di mostrarsi, e, nelle accezioni più virtuose, ha coinvolto la sua gente perché voleva ostinatamente essere capito. Esso non è mai stato detto, ma si è sempre trasformato in un fatto, e il fatto presto è diventato rito. I rituali raccontano la tua storia, coinvolgono la tua gente, creano un’eredità, rendono reale l’intangibile. Mettendo in scena un rituale, concretizziamo il sistema di valori della nostra comunità e cultura. I rituali agiscono come un vero e proprio processo psicologico, operano una transizione da uno stato all’altro, ci portano in un nuovo luogo dell’essere. Gli All Blacks, la famosa e forte squadra di rugby neozelandese, usano la “haka”, il noto rituale che precede ogni loro partita, per riconnettersi con il loro obiettivo fondamentale, per fondersi con il cuore della loro cultura, per evocare in loro aiuto gli antenati. Tutto questo ci dice come lo sport non sia solo un mezzo per facili guadagni (questi, se leciti, vanno pure bene), ma anche un mezzo dove le persone trovano uno scopo e realizzando una parte importante della propria esistenza.
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Tempo fa un editoriale del New York Times spiegava come “gli umani, per loro natura, cercano uno scopo, una causa più grande e duratura di loro stessi”; in buona sostanza si tentava di svelare, pensate un po’, come non siano i soldi a dare la felicità, quanto semmai gli obiettivi. Viktor Frankl, neurologo e psichiatra austriaco di origini ebraiche, dopo essere sopravvissuto ai campi di concentramento nazisti, scrisse “Uno Psicologo nei Lager”, in cui analizzava le possibilità di scelta di una persona in un’esperienza fortemente estrema e stringente, quale era la vita quotidiana di un lager nazista. “Ciò che serve davvero all’uomo – sostiene Frankl – non è uno stato privo di tensione, ma piuttosto lo sforzo per un obiettivo degno, per un compito scelto liberamente. L’autorealizzazione è possibile solo come effetto collaterale della trascendenza da sé”. Questa riflessione di Frankl istintivamente mi ricollega alla primaria essenza dell’essere “un tifoso”, o almeno a come era il tifoso fino a qualche tempo fa, prima dell’inizio della sua mutazione genetica a consumatore, risultato nichilista del capitale finanziario che lo ha recluso dentro casa a seguire come un automa un moltiplicarsi di partite da lui partecipate in via digitale. Il Covid-19 ha completato quest’opera di automatizzazione dell’individuo, rendendolo debole e trasformandolo, nella narrazione della comunicazione di regime, nell’elogio del “bravo cittadino” auspicato da ogni dittatore o oligarchia.
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Ed è in questa debolezza che Cvc Capital si sta incuneando, certa di trovare dei mercanti ormai padroni di un tempio, da cui sono stati espulsi definitivamente i fedeli. La Figc, al solito, rimane a guardare e continuerà a consentire ai mercanti, la Lega di Serie A, di fare il loro esclusivo interesse, in barba a qualsiasi interesse di “sistema”, al quale il calcio, come bene comune, legittimamente appartiene. Il neoliberismo, da sempre, funziona così: prima provoca una crisi feroce, poi ti terrorizza rendendoti debole, poi ti fa digerire qualsiasi cosa a esso convenga per moltiplicare denaro. E le complicità e gli atti di ignavia non si contano, tra intellettuali politici e giornalisti. “Gli italiani – ha dichiarato Luca Ricolfi, uno dei più accreditati sociologi e politologi italiani – mi hanno sorpreso per la loro docilità e il loro scarso amore per libertà e democrazia. Abbiamo bevuto tutto ciò che le autorità ci dicevano, senza pretendere l’unica cosa che dovevamo pretendere: serietà e trasparenza. In democrazia – ha concluso Ricolfi – ogni popolo ha i governanti (e i giornalisti) che si merita”. Nei primi rumors della stampa nostrana, si sta già assistendo a qualche pena in favore dell’intervento di Cvc Capital, definito con frettolosità sospetta una sorta di salvatore dalle cattive acque in cui navigherebbe, causa pandemia, attualmente il calcio italiano. Cvc Capital, è quasi banale sottolinearlo, non è una onlus, e in genere ha un metodo operativo già collaudato in altri settori sportivi: moltiplica i debiti dell’organizzazione di cui cura (si fa per dire) gli interessi, distribuisce munifici dividendi agl’azionisti, per poi dopo qualche anno cedere tutto e dileguarsi.
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Ma già li vedo Lotito e De Laurentiis (come avrebbe sorriso Carlo Collodi nel vederli operare) sfregarsi le mani e il portafoglio di fronte all’offerta di 2,2 miliardi recapitata dal fondo britannico. “Salus populi suprema lex esto” (la salvezza dello stato sia la legge suprema), scriveva Cicerone nel tentativo di far comprendere ai suoi contemporanei e ai posteri come esistesse qualcosa a venire sempre prima dei nostri privati interessi. Lo stato generale del calcio dovrebbe venire prima di ogni avidità, ma temo che lo stordimento in cui i cittadini sono precipitati, causa di molti fraintendimenti della realtà, impedirà la comprensione della drammaticità della situazione. Perché dalla pandemia non stiamo uscendo migliorati, ma soggiogati. Ma volendo rimanere ottimisti, viene ancora in soccorso Viktor Frankl, a ricordare come “il potenziale umano al suo meglio è trasformare una tragedia in un trionfo personale, per trasformare la propria situazione in un risultato umano”. Si ha ancora tempo, quindi, per opporsi al trionfo del denaro sul rito. Per sconfiggere i meri interessi personali, in nome di ciò che è stato e si è amato. Per rammentare come prima responsabilità quella di essere dei buoni antenati. Magari si potrebbe prendere le mosse da una bella frase di Fedor Dostojevkij: “temo una sola cosa: di non essere degno del mio tormento”.
(ha collaborato Carmelo Pennisi)
Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.
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