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Il ritorno di Gianluca Petrachi
“Sì, tornerò con la marea”
Khalil Gibran
Non esiste una risposta convincente e universale per dare un valore certo alle cose, e quindi anche alle conseguenti responsabilità, però, come ha detto Warren Buffet, “il prezzo è quello che paghi, il valore è quello che ottieni”. La cacciata di Davide Vagnati sta tutta in questo celebre aforisma del genio di Omaha, considerato come raramente il Toro di Urbano Cairo si sia trovato in un baratro di valore del suo parco giocatori come questo ultimo scorcio del 2025. Si commetterebbe un errore, infatti, se si ritenesse la crisi attuale di risultati del Toro il motivo di questa svolta improvvisa, che poi deve essere stata covata da qualche tempo considerato come un direttore sportivo non si cambia e non si può cambiare con la stessa immediatezza e facilità di un allenatore. Nel calcio contemporaneo delle plusvalenze, che per una realtà come il club Granata vogliono dire sfoggio di pura sopravvivenza negli asfittici ricavi dei suoi bilanci, il direttore sportivo è una figura chiave per non cadere in un pericoloso vortice di irrilevanza sportiva dal quale sarebbe difficile uscire.
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Il caso della Sampdoria è lì drammaticamente a dimostrarlo, persa da qualche anno in una confusione di gestione dalla quale non riesce a ritrovare il filo per risalire nell’agone sportivo che per storia e prestigio le spetterebbe. Cairo deve aver guardato con attenzione il pozzo del valore del suo roster, e ha capito che per la prima volta dopo anni non c’erano più gioielli potenziali da vendere nel prossimo mercato estivo, quell’appuntamento dove tradizionalmente si fanno buoni affari, si aggiustano bilanci, si lucra per mettere qualcosa in tasca. La situazione deve essere apparsa insopportabile e sotto certi aspetti drammatica, avendo capito come alcune scommesse , tipo quella di Cesare Casadei, al momento sono perse e probabilmente rimarranno perse. Il direttore sportivo appena licenziato non è riuscito a fare le nozze coi fichi secchi, ovvero con le poche risorse messegli a disposizione, e non ha mai dato sfoggio di essere in grado di farlo. Troppe sono state le operazioni sbagliate, gli abbagli presi, la sua evidente predisposizione di lavorare un po’ a casaccio e soprattutto nelle emergenze dell’ultimo momento. L’operazione avvenuta questa estate su Franco Israel è uno dei segni più sintomatici del problema, uno che a venticinque in buona sostanza fino al momento del suo approdo al Toro aveva giocato titolare solo in Serie C. Nella cessione certa di Milinkovic Savic, il portiere uruguaiano è l’unica opzione tirata fuori dal suo cilindro molto deficitario da scouting. Sin da subito si era capita l’inconsistenza del sostituto di Milinkovic Savic, tanto che persino un Alberto Paleari nato per essere una riserva affidabile per una porta da Serie A, era stato acclamato come l’uomo della provvidenza da stampa e tifoseria al seguito del Toro. Anche la scommessa di Zakaria Aboukhlal pare irrimediabilmente persa, uno che comunque il titolare in squadre come Az Alkmaar e Tolosa, con un gol segnato addirittura nella finale di Coppa di Francia con il Tolosa, l’aveva fatto.
Nella conferenza stampa di presentazione di Petrachi, Cairo, nonostante le numerose sollecitazioni provenute dalle domande, si è rifiutato di dare una spiegazione razionale del perché di questo cambio anomalo nella tempistica e alla vigilia del mercato invernale, e ciò conferma il sospetto di un collasso nella catena di valore prodotta dal roster della squadra. Il problema dell’editore, quindi, non sono gli scarsi risultati sportivi attuali, in fondo in linea con quelli asfittici tenuti negli ultimi anni, ma la mancanza in prospettiva di ottenere merce di valore. E’ comicità involontaria quel suo ripetere di aver sfiorato una volta la “Conference”, un siparietto umoristico completato da Gianluca Petrachi lesto a ricordare come fosse una cosa da palmares del suo periodo in Granata il solito feticcio della notte del “San Mames”. In realtà non si sta parlando di ristrutturazione per arrivare a dei risultati sportivi, ma di intuizioni felici per avere roba da vendere e continuare nell’inerzia da rigattiere del calcio della gestione Cairo. Fa anche un po’ sorridere uno stratega prodigo nel rivelare al mondo che deve “essere bravo e aiutato dai collaboratori per fare operazioni furbe”. Essere scaltri non è in genere una cosa da dichiarare urbi et orbi, anche se è vero come il filosofo (Arthur Schopenhauer) ricordi che con il diritto del più forte esiste parimenti quello del più furbo. Qualcun altro direbbe che la furbizia si appalesa quando si decide di prostituire l’intelligenza, e allora non rimane che sperare di non assistere ad operazioni di mercato cadenzati dall’esistenzialismo di cercare denaro a prescindere dalla ricerca del risultato sportivo. “Mi aspetto una continua ricerca di giocatori con alto potenziale, possibilmente giovani… serve occhio per identificarli anche quando sono molto giovani”, queste parole dell’editore alessandrino non devono passare inosservate, perché parlano di futuro e di prospettiva, lasciando intendere come l’ipotesi di cedere il club non sia in agenda né domani e neanche dopodomani.
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La mossa Petrachi è una pianificazione di un futuro composto di anni e non di mesi, quindi siamo davanti all’ennesimo rilancio da giocatore da poker con il problema di aver in vent’anni dimostrato poca dimestichezza davanti ad un tavolo da gioco. A questo punto è palese la sconfessione del lavoro estivo e di molti proclami surreali fatti a suo tempo, con una chiamata da “ritorno al futuro” Cairo si affida a qualcosa di già conosciuto per avere indietro il profumo di possibili nuove girandole d’affari di mercato, e tutto pare un manifesto da ultima spiaggia prima che il bilancio del club presenti il suo conto. Da qui aspettarsi un mercato di gennaio interessante è quasi lapalissiano, e aggiustare la difesa non sarà solo un problema di prodromi di incassi futuri ma anche di renderla urgentemente meno permeabile. Chiedersi se il nuovo direttore sportivo ce la possa fare è esercizio inutile, perché se il riferimento è il suo passato remoto potrebbe anche riservare delle sorprese positive, ma se guardiamo al passato prossimo il dirigente salentino non è che abbia fatto vedere grandi cose.
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“Mi aspetto di vedere il Petrachi che io conosco”, dice Cairo, e si spera che questa avventura stia cominciando non solo con degli auspici, ma con un progetto concreto mostrato in camera caritatis al presidente del Toro, tanto da convincerlo ad ingaggiare un cavallo di ritorno. Sono ovviamente ore di interviste e di dichiarazioni, tutto a cagione di ridare vitalità e ottimismo e convincere il mondo ad avere la sensazione di una svolta positiva, ma le prossime partite dei Granata saranno ancora caratterizzare dai quesiti non risolti fino ad ora visti: non c’è un gioco e non c’è una fase difensiva. La partenza per la Coppa d’Africa di Coco e Masina amplificheranno gli interrogativi di una difesa inadeguata per la Serie A e numericamente sprovvista. La svolta imposta da Cairo sembra giunta con i tempi giusti ed è alquanto scaltra, rimane il mistero dell’averla fatta a dicembre del 2025 invece che nel corso dell’ultima estate. Tutte le parole dette dal presidente e dal nuovo direttore sportivo marcano molto sulla creatività e sull’avere idea, ciò vuol dire che i soldi per fare mercato continueranno ad essere risicati e sarà bene anche dimenticarsi l’acquisto dello stadio. Il disegno per il futuro è quello di sempre, trading di giocatori e nulla di più, non c’è capitale da investire per far fare al club dei salti strutturali in avanti. L’assunzione di Petrachi è un messaggio chiaro all’ambiente e alla stampa di settore, e dice quanto segue: io resto qui, il futuro Granata è ancora un mio racconto, il modus operandi continuerà ad essere lo stesso di sempre. Questo è Urbano Cairo e non c’è un prendere o lasciare, perché lui non lascia. Se il futuro sarà migliore? Ce lo insegna la scienza: con gli stessi dati i calcoli saranno gli stessi e il risultato sarà lo stesso. Però esistono i miracoli, quindi auguriamo buon lavoro a Gianluca Petrachi, perché proprio non si può smettere di sperare.
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
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