Ma il valore sì che è importante, e credo sin dal principio di tutte le cose. Ecco perché un pilota automobilistico non teme il momento in cui entra nella sua macchina, ovvero l’ultimo istante in cui potrebbe vedere il mondo a rallentatore: forse non è perfettamente consapevole, ma è l’incontro con il Divino che la velocità gli consente ad interessargli veramente. E cercare il Divino vuol dire essere appassionato della perfezione, un mostrare di non cercare nessun compromesso con l’imperfezione. “Fare il pilota vuol dire prendere esattamente una curva a 240 km all’ora. A 239 hai perso la corsa. A 241 hai perso la macchina”, disse una volta Jean Luis Trintignant, e l’attore francese stabilisce così come l’automobilismo sia una delle ontologie dell’esistenza, e a buon diritto. La Ferrari è ontologia esistenziale degli italiani, affascinati da uno sport dove i decimi secondi di differenza ad accumularsi vanno a postulare la differenza tra sconfitta e la vittoria. In nessun sport esiste una cosa così intrisa di ferocia e splendore, con i meccanici desiderosi di far vedere quanto siano performanti nel cambio gomme nelle fasi concitate di un “Gran Premio”. Una gara di “Formula 1” non è solo il girare monotono di un tracciato, è un quadro di eccellenze e di coraggio che si va a comporre davanti agli occhi. Bisogna aspettare che tutto si disveli, e in tutti i passi di questa attesa la meraviglia si fa largo come non avresti mai potuto nemmeno immaginare. “E’ inutile segnalarmi(dai box) di andare più forte, perché non posso. Inutile segnalarmi di andare più piano perché non lo farò”, Raymond Sommer fu il primo pilota ad accettare di correre per Enzo Ferrari, l’inizio di una avventura quasi impossibile da raccontare appieno, e che in questo momento Hamilton si starà gustando con la stessa eccitazione di un bimbo appena giunto al parco giochi. C’è la famiglia del pilota inglese ai box del circuito di Fiorano, la cronaca racconta di una emozione palpabile anche al cuore più cinico indurito.
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"Ho vissuto molte prime volte: il primo test, la prima gara, il primo podio, la prima vittoria e il primo campionato… ma guidare per la prima volta una monoposto della “Scuderia Ferrari” questa mattina è stato uno dei momenti più belli della mia vita. Quando ho messo in moto la vettura e sono uscito dal garage, avevo il sorriso più grande stampato sul volto… la passione (in Ferrari) scorre nelle vene di tutti, ed è impossibile non lasciarsi trascinare da essa”, e in queste parole si capisce cosa rappresenti la Ferrari per i piloti, una specie di “Camelot” che sputa benzina e prova ad acchiappare vento con la sua aerodinamica. Alla fine delle prove , Hamilton ha voluto essere accompagnato dai tifosi; cercare il contatto con qualcosa di unico come sono i tifosi della Ferrari, forse è stato un verificare che tutto sta realmente accadendo. Nessuna macchina da corsa al mondo riuscirebbe ad attirare centinaia di persone ad una prima prova di 80 km scarsi, specie in una giornata uggiosa. Era dai tempi di Michael Schumacher, che gli italiani non sentivano la possibilità di andare all’attacco del motorismo anglosassone. Siamo gli unici ad essere riusciti a farlo, siamo gli unici ad averlo sempre fatto da soli, con una automobile tutta italiana. C’è orgoglio nella nostra penisola e c’è passione, l’italiano è nato per pensare e fare automobili, probabilmente perché il viaggio è elemento costituivo della nostra identità culturale.
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Inspirare(ka) ed espirare(ze), questo sarà il moto perpetuo a precedere il primo semaforo verde della Ferrari di Lewis Hamilton, lo scavallare finalmente l’ignoto per confermare il mito. In quel momento tutta l’Italia cercherà il segno della tanto attesa resurrezione del marchio più amato, e “nulla ha valore senza sentimento” scrive Leo Turrini provando a recapitare le sensazioni provate dal suo cuore vedendo il casco giallo del pilota inglese muoversi come un orologio a tempo all’interno della “Rossa”. “Lo sai che non ho mai visto la Ferrari vincere il titolo mondiale”, dice all’improvviso un giovane uomo al grande giornalista, accampato sul ponte di “Fiorano” come un qualsiasi questuante di sogni. L’attesa sta macerando anche gli animi più temperati, e l’inglese cattolico osservante (assoluta anomalia) questo lo sa bene, ecco il motivo del suo aver voluto andare incontro all’abbraccio popolare di chi ha sfidato il tempo e le tante delusioni del recente passato, pur di vederlo subito all’opera. Sir Lewis Carl Davidson Hamilton adesso tocca a te, che il Dio nel quale entrambi crediamo possa benedire il tuo talento e aiutarti nell’impresa, che tu un giorno possa arrivare alla stessa conclusione di Michael Schumacher: “ho fatto tutto quel che ho potuto per far diventare la Ferrari, la numero uno. L’intera squadra e tutti i tifosi lo meritavano”. L’Italia aspetta e sogna, il “Cavallino Rampante” è parte del suo cuore che pulsa all’impazzata. Non ci arrendiamo, no che non ci arrendiamo; fino all’ultimo chilometro e fino all’ultimo metro noi ci saremo. E questa sì che è una buona notizia.
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
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