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Nicola Porro, in un suo articolo vergato per “Il Giornale”, è giunto a paragonare la realtà attuale disegnata dalle esigenze del Covid-19 a quella prefigurata da George Orwell nel suo romanzo “1984”, giungendo così ad ipotizzare derive autoritarie da parte del governo di Giuseppe Conte. Infatti nel celebre racconto dello scrittore inglese, considerato uno dei cento migliori libri mai scritti, si parla di un “Grande Fratello”, una specie di capo, che tiene costantemente sotto controllo la vita di tutti i cittadini. Al “Grande Fratello”, mai visto da nessuno, l’unica cosa ad importare è il cercare di canalizzare l’emotività individuale nelle sole direzioni utilizzabili per la riproduzione dell’ordine sociale. “Dubitate dell’efficacia del contenimento – scrive Porro – e siete degli untori”. Il giornalista pugliese esagera un po’ a paragonare l’Italia di Giuseppe Conte a quella totalitaria del mondo distopico raccontato da Orwell, ma quando viene impedita persino una breve passeggiata in perfetta solitudine, qualche interrogativo su cosa sia o meno un abuso di potere o di autorità si pone. A voler essere onesti, però, non possiamo sul serio pensare ad un Conte preso da velleità autoritarie, e forse si dovrebbe pensare solo ad una classe dirigente che, spaventata da un’emergenza sanitaria dai contorni sconosciuti, semplicemente non si sta mostrando all’altezza della situazione. “Se la libertà di stampa significa qualcosa – ha scritto Orwell -, significa il diritto di dire alla gente ciò che non vuol sentirsi dire”, e questo, più che mai, oggi dovrebbe essere il compito dell’informazione, che non deve solo puntellare continuamente il teorema del “dobbiamo restare tutti a casa, per il bene della nostra salute”. La libera stampa deve cominciare ad aprire un dibattito serio e approfondito sulle conseguenze dell’aver fermato il lavoro in un intero Paese. Deve far ritornare i cittadini diventare soggetti di azioni attive e non solo passive, perché non si è mai vista la paura essere foriera di un futuro migliore.
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“Tutto è in prestito”, furono le ultime parole pronunciate da Santa Caterina da Siena, Patrona d’Italia, sul letto di morte. Questa donna volitiva, piena di fede e innamorata tenacemente dell’Italia, ha voluto indicare nel momento supremo di ogni esistenza la cosa più importante alla quale dovremmo rivolgere la nostra attenzione: conservare bene il deposito del presente da consegnare al futuro. L’Italia non è nostra, ci è stata consegnata dalla sorte in comodato d’uso. Dobbiamo avere cura, quindi, di consegnarla in buone condizioni a chi verrà dopo di noi. E considero ciò, anche se molti non saranno d’accordo, molto più importante della nostra vita. Il calcio, a volerlo prendere come esempio, è uno degli architravi portanti della storia esistenziale italiana. Esso è memoria nazionale e scrigno di sentimenti insondabili, e segno dell’ingegno e del vigore italico. Gabriele Gravina ha tutto ciò in prestito. Tutti noi tifosi lo abbiamo in prestito. Riusciremo, alla fine di questa battaglia contro il Covid-19, a tramandarlo integro a chi verrà dopo di noi? Provando a rispondere a tale domanda scopriremo noi stessi, e forse le ragioni del nostro futuro.
(ha collaborato Carmelo Pennisi)
Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.
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