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Victor Osimhen: colui che sa

NAPLES, ITALY - SEPTEMBER 09:  Vìctor Osimhen of Napoli during SSC Napoli Training Camp on September 09, 2020 in Naples, Italy. (Photo by SSC NAPOLI/SSC NAPOLI via Getty Images)

Loquor / Torna l'appuntamento con la rubrica a cura di Carmelo Pennisi

Carmelo Pennisi

                                                                                                                                               “Il tuo destino si è svegliato

                                                                                                                                                 mezz’ora prima di te”.

Proverbio Africano

“La cosa più incredibile dei miracoli è che accadono”, scrive Gilbert Keit Chesterton, che verso la fine della sua vita dirà di “aver vissuto una vita immeritatamente felice”. Quando si parla di felicità è roba abbastanza seria, perché se anche Jorge Luis Borges, uno dei giganti della letteratura di ogni tempo,  si è rammaricato di non esserlo stato, felice, allora è facile comprendere come la condizione di questo particolare stato dell’anima sia molto dirimente nel valutarsi davanti allo specchio della vita. Zygmunt Bauman, che amava molto guardare avanti, nell’interrogarsi sul futuro della felicità, avvertiva come essa cominci a casa; “non su internet, ma a casa, in contatto con le altre persone”. E quando si parla di casa, nessuno è più titolato a parlarne di chi ha dovuto, per necessità o per ragioni di lavoro, un giorno lasciarla. La lontananza forzata amplifica nell’animo un senso di nostalgia, che porta a costruire laddove un tempo si pensava a depauperare. E in tutto questo amplificare può succedere come la memoria faccia rivenire su dettagli precisi, anche di quando vendevi bottiglie d’acqua davanti ai semafori di Lagos, un incubo contraddittorio urbano dove 21 milioni di abitanti si alzano la mattina non sapendo esattamente cosa il giorno riserverà al proprio stomaco.

Date queste premesse, essere l’acquisto più costoso della storia del Napoli non può farti dimenticare quel luogo della disperazione a cui ormai il semaforo è stato condannato dalla storia.  Ne ha fatta di strada, dal lontano autunno del 1920 in cui fu posizionato per la prima volta in un incrocio di Detroit, questo familiare congegno elettronico a tre luci, diventato presto simbolo delle nostre ansie e delle nostre riflessioni. Ma certo il suo inventore, Willliam Potts, mai poteva immaginare di aver favorito con il suo ingegno la nascita di un nuovo punto di ritrovo  della disperazione e della precarietà. Victor Osimhen, oggi punta di diamante del Napoli, non ha dimenticato cosa vuol dire vendere acqua davanti ad un semaforo rosso. Non ha dimenticato di venire da un Paese dove il Lago Ciad dagli anni 60 ha diminuito del 90% il suo corpo idrico, rendendo più preziosa l’acqua e colorando a tinte ancora più fosche il futuro di una delle nazioni più popolose dell’Africa. “L’Africa è un antico letto d’umanità”, ha scritto il Premio Nobel per la Letteratura Saul Bellow, e davanti al suo cospetto sembra essere sempre dei semi portati dal vento. Tutto, in Africa, può essere promessa o funerale, e sovente si può avere la sensazione come la vita, il mondo, tutte le convenzioni, siano semplicemente un gigantesco bluff.

Ma quando Osimhen ha visto una foto di una ragazza senza una gamba ferma davanti ad un semaforo di Lagos a vendere acqua, ha capito immediatamente di non trovarsi davanti a nessuna promessa o funerale, ha realizzato come nessun imbroglio era stato messo in scena in mezzo a quel teorema di automobili bloccati temporaneamente davanti ad una luce rossa. Lo ha capito non solo perché lui da lì proviene, e nemmeno perché commosso da una giovane donna senza un arto. Ha afferrato tutta la situazione per la maglietta che fascia il corpo della venditrice ambulante di acqua. “No pain no gain”(nessun dolore nessun guadagno) c’è scritto sulla maglietta, e lo shock emotivo per uno venuto da quel ritrovo della marginalità deve essere stato fortissimo. Ed è in questi momenti che bisognerebbe riflettere molto seriamente sulla valenza della popolarità del calcio, orribile fuoco fatuo se usata per fare soldi  o per esporre varia vanità, oppure potente motore di sentimenti di vicinanza. La scelta di Oshimen è stata rapida e decisa, scegliendo di usare le centinaia di migliaia di follower che lo seguono  nel suo Paese, per trovare la ragazza con la stampella. Vuole assolutamente avere una conversazione con lei, vuole probabilmente stare per un attimo vicino a chi dichiara apertamente al mondo di accettare come ineluttabile destino il dolore per procurarsi del denaro.

Perché Victor sa, conosce quel sole cocente sopra il semaforo della vita, che ti obbliga a provare dolore semplicemente perché il giorno dopo tu possa avere la possibilità di poter mangiare. Victor sa, perché pochi come i calciatori possono sapere quanto valga realmente una gamba. Victor sa, dato che ogni mattina apriva gli occhi e l’unica cosa a spalancarsi davanti ai suoi occhi era una discarica, unico orizzonte della sua infanzia. La foto della donna è straziante e anche estraniante, perché mentre regge su un bastone il suo precario equilibrio, angosciante metafora della sua esistenza ancor giovane, dietro la quotidianità scorre indifferente, come se normale possa essere ciò che normale non dovrebbe mai essere. La donna si fa avanti nella strada polverosa davanti al semaforo, e a colpire non è nemmeno il suo arto mancante, ma una borsetta consunta a scendere lungo il suo petto e una bacinella piena di bottiglie d’acqua tenuta sulla testa. Quella borsetta consunta è la dichiarazione d’ottimismo di un possibile guadagno, è l’affermare che sì, è vero, il dolore ci sarà pure, ma io guadagnerò. Ma Victor sa, in quanto non c’è solo la violenza della vita in quella foto, ma “l’esprit” protesa a indicare una via a tutti i dimenticati del modo, perché, come ha commentato il calciatore del Napoli, “questa immagine è al tempo stesso tanto deprimente quanto motivazionale”.

Abitare vicino ad una discarica non vuol dire soltanto sentirne l’olezzo insopportabile, ma può essere anche il miracolo che accade. Recuperi delle scarpette da calcio usate e riusate, e infine bistrattate tanto da meritarsi una discarica, ed è proprio quello il momento in cui cominci il tuo viaggio. Victor sa, dato che oggi è perfettamente consapevole come la buona sorte lo abbia scelto, in un curioso gioco di dadi apparentemente tirati a caso, come testimonal  di una discarica, che passando per un semaforo rosso sotto il sole, è potuto giungere anche in un posto che sembra un paradiso, ma in realtà è Napoli, ertasi a curiosa anticipazione di cosa  ci si potrebbe attendere di buono oltre questa vita. Victor sa, ecco perché non dimentica e alla fine ritrova la ragazza della foto. Non è un lieto fine, ma solo un passaggio di ristoro nella lunga strada verso il Paradiso. La ragazza non deve aver creduto ai propri occhi e alle proprie orecchie quando ha ricevuto la videochiamata del calciatore del Napoli, ma forse per un attimo deve essersi fermata a pensare. Osimhen, nel dialetto Esan South parlato da quelle parti, vuol dire “Dio è buono”, e se la cosa non deve esserle sembrata un curioso crocevia del destino, poco ci manca. Ovviamente non si può sapere quali saranno gli sviluppi futuri di quella telefonata, ma di certo è facile immaginare come sviluppi ci saranno.

Una piccola riflessione a margine di questa storia è opportuna farla, perché Aurelio, pur tra tutti i suoi difetti, deve avere un tocco esistenziale nelle sue scelte. Quando ingaggi gente come Sarri, Gattuso e Osimhen, mostri di onorare la storia di una città come Napoli, che dell’accoglienza e della speranza di un giorno dopo migliore ne ha fatto un suo manifesto esistenziale. “lasciamo regnare la libertà”, ha detto Nelson Mandela, uno dei più grandi figli che l’Africa abbia mai partorito, ma si lotti perché non ci si arrenda al concetto di “nessun dolore nessun guadagno” come destino ineluttabile. Anche perché, se Dio esiste,  attraverso Victor, colui che sa, è giunta a noi la sua carezza forte e chiara. Non siamo falliti, ma solo tesori nascosti.

Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.