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Il commerciante di frutta romano, al processo parlò di un accordo, dietro un compenso di due milioni di lire, per un pareggio tra campani e umbri. E pareggio avvenne, due a due. Ma ecco le parole di Rossi a rievocare quel giorno: “io pensavo alle solite partite che si concordano tra due squadre. Se a tutti va bene il pari, si pareggia. Ci sono sempre state nel calcio e sempre ci saranno, anche adesso. Ma al calcio scommesse non ho pensato mai, non sapevo nemmeno che esistesse”. Come ho detto, non ho mai creduto ad un Rossi coinvolto con le scommesse, ma questa sua rievocazione dell’accaduto nel ritiro del Perugia getta qualche ombra e una considerazione non proprio piacevole. L’ex giocatore della Juventus, nel tentativo di difendersi, ammette come “solite partite” i risultati concordati tra due squadre a cui conviene il pareggio. E’ “il meglio due feriti che un morto” invocato a suo tempo da Gigi Buffon, anche per il portiere pratica consuetudinaria nel mondo del calcio. Pare chiaro come per Buffon e Rossi il problema della veridicità dell’avvenimento sportivo e della correttezza non gli sia mai passato per la mente. E’ lo scoprire il re nudo e asserire come in fondo ciò sia assolutamente normale. Le parole improvvide di Rossi, analogamente all’arte di Caravaggio, riportano ai nostri occhi ciò che non dovrebbe essere visto, dove non esiste un destino diverso, ma solo un mondo la cui rappresentazione scenica siamo costretti ad accettare. Non c’è, quindi, rivelazione o riscatto universale, ma solo condivisione di una realtà deteriorata e ammissione di indifferenza alla “Grazia”.
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Ma oggi, nel suo saluto finale al mondo, mi piace ricordarlo in quella magica partita del luglio 1982. Luis Carlos Ferreira, detto Luizinho, quel giorno era stato designato alla sua marcatura, e in seguito ebbe modo dire come “Pablito” “in quel momento fosse proprio illuminato e chi gioca, o abbia mai giocato a calcio, sa che esistono giorni in cui le cose non girano, dove nulla è sicuro”. Anche Zico, il Giove degli dei di quella nazionale carioca, in seguito affermò che “se quel pomeriggio avessimo segnato anche dieci gol, Rossi ne avrebbe fatti undici”. E’ indubitabile come Paolo Rossi abbia regalato una delle gioie più belle vissute dalla nazione italiana, in special modo a quella sparsa in ogni angolo di mondo. In quell’estate del 1982 tutti gli emigrati del BelPaese si sentirono per un attimo, ma è l’attimo che conta, vicini a chi in quel momento stava festeggiando per le strade di casa della loro terra d’origine. Dopo quella partita, mio padre comprò il biglietto della finale di Madrid e si recò con entusiasmo in Spagna. Tanto la semifinale con la Polonia era ormai considerata da tutti poco più di una pratica da espletare, prima della grande gioia conclusiva. Avevamo battuto gli dei del calcio e una delle squadre più belle di sempre. Paolo Rossi continuò a segnare fino alla fine, anche nell’emozionante finale di Madrid, in un “Bernabeu” completamente avvolto da bandiere tricolori. Nel ricordare quei giorni di resurrezione personale, Rossi, a cui non difettavano sincerità e umiltà, mostrava sempre una certa incredulità: “Non ero un fenomeno. Non ero nemmeno un fuoriclasse. Misi le mie qualità al servizio della volontà”. In queste parole c’è la sintesi di tutta l’esistenza dell’attaccante di Prato, tutto il suo richiamarsi al centro dell’italianità: cuore e tenacia. Ed è ancora l’analogia con Caravaggio a farsi avanti, attraverso le parole di Candido Cannavò, indimenticato direttore della Gazzetta dello Sport, nei giorni delle celebrazioni post vittoria mundial: “Dopo il martirio di un difficile, esaltante e doloroso ritorno, ha reinventato se stesso riprendendo in mano il pennello dell’artista che è in lui”. “No, non è possibile. Ancora lui. Paolo Rossi. La disgrazia si è abbattuta sul Brasile”, disse affranto il telecronista brasiliano. Grazie Paolo, anche a nome di chi non ha avuto occasione, per ragioni anagrafiche, di vedere quella partita. Ciao.
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Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con Anthony Weatherill della rubrica "Loquor" su Toro News, annovera tra le sue numerose opere e sceneggiature quella del film "Ora e per sempre", in memoria del Grande Torino.
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