Ora che ho 55 anni e un figlio di 9 (anche lui tifosissimo granata, manco a dirlo), mi appresto a tornare da voi per assistere al derby del 18 febbraio. Negli ultimi anni ho portato fortuna in quasi tutte le partite cui ho assistito di persona, compreso il derby vinto 2-1 tre stagioni fa. Spero di ripetere l’esperienza del 26 aprile 2015, anche perché stavolta ci sarà il battesimo del derby di mio figlio Federico: per lui, quanto me, sarebbe una delusione troppo forte ritornare in Sardegna senza la soddisfazione di aver battuto “quella” squadra.
Che cosa spinge un sardo ad affrontare trasferte onerose, peraltro rischiando di assistere ai vergognosi epiloghi cui siamo purtroppo abituati, come quello del 3 gennaio scorso (per non parlare del bis in Cagliari-Juventus di tre giorni dopo…)? L’amore per il Toro, il desiderio di scrollarsi di dosso la sfiga una volta per tutte. E il piacere di vedere un bambino in trepidazione da giorni prima. Oppure, commosso a Superga.
Devo essere sincero: l’esonero di Mihajlovic, che a mio avviso è avvenuto in ritardo, mi ha restituito ottimismo ed entusiasmo. Ero tra quelli favorevoli al suo arrivo, lo confesso. Ma con lui in panchina, spiace dirlo, quasi certamente saremmo andati incontro ad un’altra figuraccia. Spero che Mazzarri abbia portato serenità e, allo stesso tempo, riscoperto lo spirito del Toro che non si vedeva da un pezzo.
Voglio combattere il fatalismo che spesso ci contraddistingue e guardare al futuro con il sorriso di mio figlio. Il quale spera di diventare un giorno un giocatore del Toro. Per ora si accontenta di imparare a muovere i primi calci. Naturalmente, alla Scuola calcio Gigi Riva. E dove, sennò?
Luigi Alfonso
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