C'è chi considera Erbstein come un direttore d'orchestra. Per i giornalisti fu "Il Napoleone della panchina", data la sua visione di gioco corale e innovativa. Una modernità che potevi subito tastare tanto il Torino era in grado di giocare con una preparazione eccelsa. Tutti attaccavano e tutti difendevano. E per i giocatori del Grande Torino fu sempre "Sor Ernesto", appellativo scherzoso volto a ridimensionare appena la sua figura maestosa e carismatica e autorevole. Erbstein era infatti un uomo molto colto, serio, avvezzo alla fatica e alle direttive di una vita grama e spietata. Come tacere delle avverse circostanze storiche nelle quali l'allenatore ungherese si trovò a lavorare? In un'Italia dominata dal fascismo, anche Erbstein fu vittima delle persecuzioni razziali per via delle sue origini ebraiche. Dopo aver stretto un accordo con il Feyenoord, Erbstein si recò a Rotterdam per cominciare una nuova carriera. Ma il treno nel quale si trovava venne fermato al confine tra Germania e Paesi Bassi, e l'allenatore fu costretto a rimanere in terra tedesca per diversi mesi, prima di decidere di tornare a Budapest assieme alla sua famiglia. Provvidenziale ancora in questo caso è la figura di Ferruccio Novo. Il presidente granata riuscì a far sì che Erbstein ottenesse un lavoro presso un'azienda tessile di Biella, così da farlo tornare in Italia più volte. Ma il 18 marzo 1944 i nazisti invasero l'Ungheria e Erbstein venne spedito in un campo di lavoro. Seguirono fughe, viaggi, marce compiute nella clandestinità, quindi il ritorno in Italia, dove Ferruccio Novo si prodigò per nasconderlo fino al termine della guerra.
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Nel 1948, nominato da Novo direttore tecnico del Grande Torino, Erbstein collezionerà uno scudetto e una quantità di record tale da ricompensarlo di tutte le miserie patite, fino al momento in cui, il 4 maggio di quell'anno pestilenzialmente orrendo, a Superga, Erbstein perderà la vita assieme ai suoi compagni di squadra. Di lui ci rimane il genio di un allenatore che né le storture della guerra né la fame né le vessazioni continue hanno mai saputo piegare. Un uomo dotato di una forza d’animo somma, pari pari a quel tremendismo granata che ammantava il cuore degli Invincibili e li spronava a dare il meglio di sé nei momenti difficili. Un cuore granata incapace di arenarsi ad alcun tipo di resa, uno spirito arguto e un maestro di vita che non ci si stancherà mai di guardare con ammirazione.
Laureato in Lingue Straniere, scrivo dall’età di undici anni. Adoro viaggiare e ricercare l’eccellenza nelle cose di tutti i giorni. Capricorno ascendente Toro, calmo e paziente e orientato all’ottimismo, scrivo nel segno di una curiosità che non conosce confini.
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