Volete farci godere una buona volta? Non dico tanto, davvero, dico qualche grande partita, qualche impresa che ci permetta il mattino dopo di girare per i bar a testa alta raccontando a tutti che il Toro è tornato. Volete, una volta ogni tanto, permettere ai bambini che tifano Toro di essere cosi esaltati da non riuscire a dormire la notte dalla voglia di andare a scuola il giorno dopo a professare la loro fede granata? Ottima cosa essere imbattuti in trasferta, ma sette trasferte su nove sono state fonti di rimpianto, preludio a giorni trascorsi a dire se, ma, se, ma. A Milano contro l’Inter abbiamo fatto un grande secondo tempo ma quando era ora di mordere e completare la rimonta (ecco cosa intendo per godimento!!! Perdi due a zero a San Siro dopo il primo tempo e vai a vincere tre a due… Ecco cosa non farebbe dormire dalla gioia un bambino granata… ) ci siamo fermati, quasi terrorizzati di essere felici. Contro un Milan derelitto abbiamo tenuto palla per settanta minuti senza combinare nulla. Idem contro il Cagliari. Idem contro l’Udinese, dove, a parte lo scandaloso gol annullato a Berenguer, non abbiamo mai tirato in porta. Contro il Bologna ci siamo suicidati in modo così plateale da fare impallidire un samurai giapponese. Contro il Sassuolo siamo riusciti a regalare il pareggio nei minuti di recupero. Contro la Lazio l’apoteosi: ti concedono un rigore all’ultimo secondo del primo tempo, il momento perfetto per spezzare le gambe agli avversari. Lo segni, torni in campo, hai un’occasione gigantesca per chiudere la partita, ma a tre metri dalla porta e con il portiere a terra riesci a sbagliare. Sul cambiamento di fronte prendi il gol. Non basta; hai la possibilità di disputare gli ultimi dieci minuti in superiorità numerica, ma niente, anche uno dei tuoi si fa espellere e trascorri il recupero con la salivazione azzerata e la paura di perdere. Al netto della vergogna Var, perché non vinciamo mai? Ognuno ha la propria opinione. Vi dico la mia; io credo che dipenda da due motivi: uno tecnico e l’altro psicologico.
In ordine alla motivazione psicologica, ho già scritto in passato e scriverò in futuro. In estrema sintesi, credo che nel nostro DNA si sia insinuata una mentalità perdente che non riusciamo più a scrollarci di dosso e che società e staff tecnico non stanno facendo nulla per combattere, anzi, per certi versi alimentano. In ordine all’aspetto tecnico, Cairo deve decidersi una volta per tutte a investire pesantemente sul centrocampo. E’ il quattordicesimo anno consecutivo che il centrocampo è l’anello debole della squadra. Quest’anno la difesa è eccezionale: il quartetto Sirigu, Dijdij, Izzo, N’koulou è da top team. L’attacco sta faticando, ma sono certo che Belotti, Iago e lo stesso Zaza, quando Mazzarri troverà i giusti schemi offensivi ed eviterà al Gallo di fare anche il mediano (e magari la società si deciderà di sostituire Soriano con un giocatore capace di saltare l’uomo e inventare giocate), farà il suo dovere. Il centrocampo no: manca di qualità. Le partite si vincono quando, in vantaggio, hai giocatori capaci di sfruttare le ripartenze; se nella linea mediana hai gente con piedi buoni, dinamismo e fisicità tali da consentirti di tenere palla e addormentare le partite. Noi abbiamo uno splendido mastino come Rincon a cui possiamo chiedere tutto meno che la capacità di palleggio; Baselli che, seppure in crescita, dopo 70 minuti boccheggia ed è oggettivamente “leggero”; Meité che, dopo un inizio promettente, è sempre più lento e apatico e dista anni luce dal tipo di giocatore capace di farci compiere il salto di qualità. Se sulla linea mediana aggiungiamo i piedi proletari di Lollo De Silvestri, la frenesia ancora acerba di Ola Aina e l’atletismo ridotto di Ansaldi, la frittata è fatta, i pareggi fioccano e le vittorie latitano.
La classifica è corta, difficile immaginare che anche nel girone di ritorno gli arbitri ci tartassino come all’andata. La squadra è buona e ha senz’altro qualcosa in più che gli anni scorsi. A essere ottimisti, il bicchiere è mezzo pieno, ma vi chiediamo un favore: ogni tanto, fateci godere.
Marco Cassardo, esperto in psicologia dello sport e mental coach professionista. E’ l’autore di “Belli e dannati”, best seller della letteratura granata.
© RIPRODUZIONE RISERVATA


/www.toronews.net/assets/uploads/202512/IMG_0456-scaled.jpg)