Mihajlovic in quel momento ha solo 22 anni, ed è soggiogato dal tipico furore della gioventù. Ama la Serbia, ama il suo popolo, e sarebbe disposto a fare qualunque cosa per difendere gli interessi della sua gente e della sua terra. Esattamente come sarebbero disposti a farlo, in quel momento, qualsiasi giovane croato, serbo, bosniaco e sloveno. Ma Sinisa è un giovane celebre, un mito assoluto anche per una bestia sanguinaria come il comandante Arkan, che gli telefona per sapere se quell’uomo che dice di essere suo zio, è veramente suo zio. Semmai non lo fosse, gli dice Arkan, il suo destino sarebbe quello di tanti croati di Vukovar: pallottola in testa e fossa comune. Devono essere passati, in quel drammatico momento, tanti pensieri contraddittori nella testa dell’allenatore serbo. La voglia di rinnegare uno zio che aveva giurato di uccidere suo padre, i tanti amici e parenti morti, le macerie che ormai circondavano lui e tutta la gente della ex Jugoslavia. In pochi istanti c’era da decidere se un uomo dovesse vivere o morire. E tutto in quei 22 anni che gli ribollivano dentro. Mihajlovic scelse la vita, scelse l’umanità, scelse il perdono: “ sì, quell’uomo è mio zio”, rispose ad Arkan. Ci sono cose che determinano la vita di un uomo, che ne delineano i contorni dell’anima.
Tempo fa sono capitato a Mostar, una delle città della Bosnia più martoriate dalla guerra civile. Tra i palazzi e le case, con le pareti “ornate” di fori di proiettili e granate, si affacciavano sulla strada, come moniti improvvisi, piccoli cimiteri. Notai le numerose foto di giovani deceduti proprio nel periodo della guerra della ex Jugoslavia. Quelle foto mi sono rimaste impresse e ho pensato che, se non fosse stato calciatore, l’orgoglio e il temperamento duro di Mihajlovic sicuramente lo avrebbero portato a combattere in prima linea per la sua Serbia. E forse oggi ci sarebbe stata la sua foto di giovane su una tomba anonima del cimitero di Vukovar. Il calcio poi ha portato Mihajlovic in Italia e il resto è storia nota. Si sposa con una italiana, che gli regala cinque splendidi figli. La sua capigliatura nera e folta diventa grigia, a ricordare un tempo trascorso che gli è stato concesso. Nei suoi comportamenti a volte burberi a volte sorridenti, sembra non esserci spazio per la tristezza. Ma chiunque abbia vissuto una guerra, chiunque abbia perso qualcuno o qualcosa, sa che la tristezza non passerà mai (nessuno come voi tifosi del Toro è in grado di capire questo).
Allora, cari tifosi del Toro, ora che è calato definitivamente il sipario tra l’allenatore serbo e la squadra del vostro cuore, nel salutarlo fermatevi un attimo e ricordate. Il calcio ha probabilmente salvato Mihajlovic, come salva a volte noi tifosi dalle conseguenze nefaste dei nostri dolori e delle nostre umiliazioni. Gli allenatori e i calciatori devono ricordarsi che dietro ogni tifoso c’è una persona (come sovente si dimenticano, nell’accavallarsi di notizie del mondo dorato del pallone, i sacrifici dei tifosi…), e noi tifosi dobbiamo ricordarci che dietro ogni calciatore e allenatore ci sono altrettante persone. Per qualche ora della nostra giornata attraversiamo insieme, godendo della passione per questo straordinario sport, attimi di vita irripetibili. Ciò ci rende grati di essere vivi e di essere ancora in grado di amare. Questo è uno degli insegnamenti che mi ha lasciato zio Matt, questo è l’augurio che faccio a tutti per il 2018.
(collaborazione di Carmelo Pennisi)
Anthony Weatherill, originario di Manchester e figlioccio dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
/www.toronews.net/assets/uploads/202508/2152c6c126af25c35c27d73b09ee4301.jpg)