Nell’ultima interrogazione in casa, il voto più alto lo prende a sorpresa Berenguer, che se ne era stato seduto per tutto l’anno in fondo alla panchina, sorteggiato all’ultimo. Uno si domanda…ma perché? Boh, lo saprà il professore che assegna i posti, il professore che durante l’anno è pure cambiato, e con lui il programma. Berenguer porta il diario, sette. Che sia di incoraggiamento e promessa.
Nell’intervallo, tutti i tifosi davanti ai tabelloni formato cellulare a commentare i risultati. Una mestizia negli occhi e nelle voci che neanche il giorno dei morti… Toro rimandato a settembre. Abbiamo raggranellato una cinquantina di punti, la metà di quelli che servono per vincere il campionato. Oddio, abbiamo vissuto anni peggiori di bocciature senza appello, diseredati e alla ricerca di un padre adottivo. Ma… Ma questo non basta per superare la profonda delusione di veder cancellata, per l’ennesima volta, la gita in Europa. La classe Toro non se l’è meritata, resta a casa. E noi che ci avevamo sperato tanto, di viaggiare…
Cosa non ha funzionato? Siamo consapevoli di non aver acquisito un metodo di studio, sì? Bene, organizziamoci per il futuro. Condividiamo un progetto che convinca i tifosi a riempire lo stadio anche se piove a secchiate come domenica, e puntiamoci l’anima, su quell’idea. Che l’esperienza Miha serva a capire in cosa vogliamo essere diversi, e che Mazzarri disegni il Toro che vorrei. E lo faccia a porte aperte al Fila, magari. In modo che non ci tocchi sempre bussare, per entrare a casa nostra. Che se in famiglia uno si sente accolto e coinvolto, poi è pronto a fare sacrifici, gli straordinari…
Finisce la partita e aver saltato due volte sul seggiolino urlando i nomi di Belotti e De Silvestri, ha migliorato un po’ l’umore. La felicità, alla fine, si vive ad attimi.
Il nostro Toro fa il giro del campo per salutare i tifosi per l’ultima volta nell’annata 2017-2018. I giocatori sfilano agitando le braccia, qualcuno al seguito ha un bimbetto, qualcun altro si leva la maglietta. E mentre camminano scatta il toto-Toro: chi rimarrà il prossimo anno? Il primo della fila, il nove, quello che ora è fermo a salutare, che farà? Per una volta sarebbe bello stabilirlo subito, se col Capitano rimarremo buoni amici o se ci fidanzeremo un altro anno. Così, tanto per provare l’ebbrezza di non ballare tutta l’estate sulla stessa mattonella. Riconosco al Gallo un altissimo merito granata: aver entusiasmato i bambini, facendo alzare loro la mano sulla fronte, a drizzare la cresta e ad inorgoglirsi di Toro.
Ormai i giocatori hanno terminato la sfilata (saltando all’interno del campo davanti allo spicchio degli ospiti però, perchè meritano l’onore delle armi, gli ospiti), scattano la foto di fine anno e se ne tornano negli spogliatoi.
Ai tifosi non rimane che salutare i vicini di seggiolino - e di pena - dell’avventura Toro 2017/2018, stringere un po’ di mani. E tutti a dire: “Allora buone vacanze!”, “Ci vediamo il prossimo anno?”, “Ah io no, basta!, l’abbonamento per venire a veder giocare alle bocce, non lo faccio più!” .
Vien quasi da sorridere, è un deja-vu: le stesse frasi dell’anno scorso.
E di quello prima.
E di quello prima ancora.
E di quello…
Vabbè dai, che è ora di andare. Ma non sei ancora fuori dal Grande Torino che inizi a pensare che c’è ancora una partita, e dici: “Oh, ma ti ricordi quella volta col Genoa, nel recupero, Immobile e Cerci…”
Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.
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