Da più di un mese, dopo il raggiungimento di una posizione di classifica in grado di mettere al riparo dalla lotta salvezza, il Torino ha staccato la spina, mostrando incapacità di giocare novanta minuti sugli stessi livelli, evidenti difficoltà nello sviluppare gioco, e soprattutto scarso attaccamento a maglia e professione. Le prime avvisaglie si erano avute durante Torino-Verona del 6 aprile, una partita giocata in clima da grigliata di fine anno in cui la sconfitta fu evitata solo da una giocata di Elmas. Da allora sono stati cinque punti in sette partite; l’unica vittoria, quella con l’Udinese (squadra rilassata come e più dei granata), è stata frutto perlopiù di episodi. L’ennesima conferma di tutto ciò è arrivata contro il Lecce, una partita giocata decentemente solo per un tempo.


l'editoriale
Toro, basta così. Rivoluzione necessaria
Non si vede l’ora che venga messo un punto a questo finale di campionato sconfortante che di certo influisce sui giudizi della stagione. Se una squadra gioca due mesi di campionato in ciabatte, sono in tanti coloro che sono chiamati alle proprie responsabilità. In primis ovviamente l’allenatore, colui che ha tra i propri compiti quello di dare motivazioni. Vanoli ci ha provato in ogni modo, non riuscendoci. Giusto evidenziarlo, come in altre fasi del campionato erano state messe in luce la sua capacità di far uscire la squadra dalla crisi e la sua abilità nel cambiare moduli. Oltre a lui, è tutta la società a dover ricordare che le motivazioni sono date in buona parte dal contesto in cui una squadra si trova ad operare.
Ma ad essere inchiodati alle proprie colpe sono ovviamente anche coloro che vanno in campo. Che una squadra senza obiettivi molli gli ormeggi può essere una cosa poco sorprendente, o quantomeno comune. Ma sicuramente è anche indice di poca mentalità e autorizza a pensare che, se in ipotesi tra un anno il Toro si ritrovasse a vivere una volata finale per un qualsivoglia obiettivo, questo gruppo non sarebbe affidabile e adeguato a giocarsela. I venti punti che separano il Torino dalle zone europee sono un gap che riflette bene la realtà sia in termini tecnici sia in termini morali. Le conseguenze da trarre sono chiare. Altro che buone basi, altro che “pochi ritocchi e poi ci siamo”. Se il Torino vuole fare un salto di qualità, in estate sarà necessaria una mezza rivoluzione.
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