Ventura è stimato da tutto il mondo del calcio italiano come un ottimo allenatore, bravissimo a preparare le partite ed eccezionale ad insegnare calcio e a far crescere di valore i calciatori. Forse, e non vuole essere una critica ma una mera considerazione dettata anche dal suo curriculum, il mister genovese non è, però, ciò che si definisce un allenatore "vincente". Più per mentalità che per titoli. Il che ci porta a constatare un paradosso che si evidenzia dallo stato attuale delle cose: il Torino è prigioniero della crescita, nel senso che non ne può fare a meno visti i buoni risultati economici e tutto sommato sportivi dell'ultimo quinquennio, ma ne è ostaggio perché questo tipo di crescita ha innescato delle dinamiche che non gli garantiscono un altro tipo di crescita, quella che si immaginano e desiderano i tifosi, ovvero quella legata a vittorie e posizioni di classifica. Se si volesse pertanto uscire da questo paradosso la soluzione più logica sarebbe a fine campionato cambiare tecnico ed iniziare un nuovo progetto. Facendo però attenzione a non commettere un gravissimo errore: se si cambiasse Ventura, ma non si cambiasse la dinamica degli investimenti societari a livello di tetto salariale ed acquisti (o non cessioni) di giocatori forti, si farebbero le cose a metà e si rischierebbe solamente di rompere il giocattolo e magari peggiorare la situazione.
Il Torino attuale, volenti o nolenti, è imperniato per gran parte sia sul piano tecnico che su quello societario sulla figura di Ventura e finchè sarà così funzionerà più o meno come sta funzionando ora. Per avere un Toro davvero vincente non basterebbe un altro allenatore, ci vorrebbe un “altro” Cairo, cioè un Cairo fortemente deciso a provare a fare il salto di qualità mettendoci del suo, anche solo per il prestigio personale. E la storia stessa del Torino lo dimostra: si è vinto solo con allenatori innovativi per i loro tempi (Erbstein e Radice) supportati da presidenti che comunque avevano investito molto (Novo e Pianelli). Per ora, e non possiamo neppure lamentarci più di tanto, rimaniamo prigionieri di questa crescita, nostra croce e delizia, ma la chiave per uscire da questa prigione c’è ed è nella tasca di Cairo, proprio accanto al suo portafoglio….
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