Tutt'altro. Quello che ravviso è un allineamento ancora lontano dal vedersi tra l'atteggiamento imposto dal credo del tecnico e quello mostrato dalla squadra, dalla dirigenza per come si è mossa sul mercato e anche da una parte della tifoseria. La famosa e tanto abusata espressione "mentalità vincente" non consiste semplicemente nel vincere sempre, ma nel porsi nei confronti della competizione con uno spirito ed una convinzione tali da percepire come naturale l'esigenza di puntare sempre all'obbiettivo più ambizioso. E al Toro la mentalità vincente è ben lungi dall’essere un tratto caratteristico. Un esempio di ciò che voglio dire è avvenuto in una delle conferenze stampa pre partita in cui oltre all'allenatore serbo erano presenti anche Moretti e Vives. Il centrocampista napoletano, ad una domanda sugli obbiettivi della squadra, parla di salvezza e subito viene interrotto da Mihajlovic che si affretta a precisare di non essere venuto al Toro per puntare alla salvezza.
Un episodio che la dice lunga sulla diversa lunghezza d'onda tra chi c'era prima (Vives) e chi è arrivato dopo (Mihajlovic). A mio avviso tra l'altro il tecnico serbo sta calcando volutamente la mano sull'atteggiamento spregiudicatamente offensivo di queste prime partite: non ritengo che la scelta di schierare quattro punte sul risultato di pareggio nelle trasferte di Bergamo e Milano sia da imputare ad un ingenuo suicidio tattico quanto ad un rischio grosso ma ben calcolato teso a lanciare un messaggio chiaro a squadra ed ambiente: "Quest'anno si cambia mentalità, si gioca con un altro obbiettivo in testa, quello di volersi imporre". Chiaro che far cambiare mentalità è un processo lungo e difficile perché necessita di sradicare convinzioni sedimentate da anni. E non vale solo per i giocatori.
Anche noi tifosi siamo disabituati a vedere la squadra decisa ed arrembante. Mihajlovic ha voluto, come nelle sue corde, provare un approccio d'urto e, furbescamente, si è preso rischi spropositati in queste prime giornate dove i risultati sono un pochino meno impattanti sull'economia del campionato. Col Bologna gli è andata bene, a Bergamo e Milano un po’ meno. Ora ci sarà da capire in quanto tempo questa metamorfosi collettiva da Calimero un po' sfigato a cavaliere senza paura e senza macchia avverrà. Che possa non accadere è un'ipotesi che non voglio nemmeno prendere in considerazione perché anch’io, nel mio piccolo, voglio dimostrare che sto già cercando di cambiare mentalità ed avvicinarmi a quella vincente proposta dal mister…
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