Anche la seconda sostituzione è carica di scontentismo. Iago Falque esce calciando la rabbia in una pozzanghera e infilando subito il tunnel degli spogliatoi. Nel tunnel del mancato rigore, c’era già finito da un po’. Un rigore privo di qualsiasi tremendismo pure negli istanti successivi al tiro, visto che non si sono registrati granata per la possibile ribattuta, tutti dell’Empoli, i giocatori in area. Era quello, il momento di riprendersi il pallone tenuto stretto da Falque.
E per un Falque che esce, un Iturbe entra. Un Iturbe che non scontenta ma che deve dare qualcosa di più del massimo, a questo Toro che ha scommesso d’azzardo sul suo tremendismo.
È scontento quel tremendo di Hart, che tira un calcio al palo quando la barriera non lo ascolta. Ed è scontento il litigioso Ljajic, che nonostante l’ottima punizione, il rigore procurato e le perfette esecuzioni di cui i suoi piedi sono capaci, non sa attribuire alcun significato, al tremendismo.
E poi, tra tremendismo e scontentismo c’è il mister, naturalmente.
Nel mio tremendismo prima c’era spazio per la perizia psicologica e tattica di Ventura, così come ora c’è spazio per l’approccio vorace di Miha. Nel mio scontentismo, prima c’era il rosario dei tic, tac, tac, dei tre difensori, ora, una bellicosità che inizia e finisce in parole supponenti, incapace di diventare rabbia creatrice di occasioni.
Sappiamo essere più forti delle nostre evidenti debolezze? Questo, è tremendismo.
Giocare novanta minuti da Champions League contro il Pescara, è tremendismo.
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