Crisi superata dunque?
È stata una vittoria di squadra, di tutto il collettivo, perché anche chi entra è funzionale al meccanismo. Paradossalmente sono mancati gli individui, ad esempio il Gallo che ha sbagliato un gol facile. Però non capisco davvero perché il Toro faccia così fatica. Sulla carta la rosa è migliorata rispetto allo scorso anno, ma evidentemente si porta dietro il male endemico della pareggite. Infortunio a parte, Belotti non ha più il rendimento di prima, forse perché non è più servito a dovere?
Mihajlovic ha riportato Adem Ljajic sugli esterni, è questa la mossa che serviva?
Ljajic l’ho visto crescere alla Roma di cui vado a vedere tutte le partite con mio figlio. Secondo me ha fatto un salto evolutivo pazzesco rispetto a quei tempi. Io dico che nell’ultimo anno in cui ha giocato insieme a Totti, gli ha rubato l’anima, ha copiato il suo modo di giocare dietro le punte, in quella posizione da falso 10 e da falso 9. Ljajic è un enigma per chiunque lo debba marcare, svaria da una parte all’altra del campo, ha fatto impazzire il povero Romagna. Mi sembra sia sottostimato rispetto a quello che rappresenta per la squadra.
In che senso?
Alla Roma era insopportabile, era capace di provare cinque dribbling e perdere cinque palloni. Ora non è più egoista, ha capacità di finalizzazione, ma si vede che lavora per la squadra. È un regista decentrato, trova alla cieca Iago Falque e funziona al massimo con Baselli dietro. Valdifiori, del cui ritorno in campo mi rallegro dopo i tanti problemi fisici, libera Baselli da compiti troppo difensivi e gli permette di dare supporto a Ljajic e di penetrare. A quel punto il serbo può fare il suo gioco: parte largo, si accentra, finta il tiro e serve Belotti nel fondamentale che gli riesce meglio, vale a dire l’imbucata.
Un altro ex Roma di cui si è parlato tanto ultimamente a Torino è Sadiq, ma in termini non altrettanto lusinghieri per ora…
A me non è dispiaciuto. Sogno di vederlo giocare in coppia con Belotti perché lui è più esterno che punta, può essere un altro che apre gli spazi. Ha velocità, potenza di tiro, scatto nel breve. Ed è ancora giovanissimo, non si butta via un giocatore dopo due partite, siete peggio dei romanisti (ride, ndr)… A dicembre 2015 salvò la panchina di Garcia che non aveva attaccanti disponibili. Entrò e da esordiente fece un paio di gol pesanti.
Cosa manca allora a questo Toro?
Gli manca il periodo sporco, quello delle vittorie per 1-0. Sembra che non le conosca. Il derby ha demolito psicologicamente la squadra, che è arrivata al match col Verona ancora addormentato dalla batosta; poi è iniziato un periodo con una partita ogni tre giorni da affrontare in condizioni disastrose e con tante assenze. Con la Roma il Torino ha giocato bene, ma i giallorossi sono stati più scaltri, infine l’enigma di Crotone. Seppur i calabri siano una realtà molto più solida di quanto si voglia far credere, ci vorranno gli scienziati per spiegare cosa sia successo al Toro dopo il gol di Iago Falque!
A proposito di personaggi noti dalle parti del Colosseo, che opinione ha di Sinisa Mihajlovic dopo il “caso Anna Frank”?
Preferisco Miha e la sincerità di chi è cresciuto senza studiare Anna Frank all’ipocrisia di chi si è messo a fare l’esperto, sembra che siano tutti soloni che studiano l’olocausto da trent’anni. Sono felice se il bellissimo sorriso di quella bambina diventa un’opportunità di far riscoprire un libro pieno di significati, ma non vedo l’obbligo per tutti i calciatori di Serie A di conoscere Anna Frank. Mihajlovic è così, senza retro-pensieri. Quello che dice è, quello che pensa dice, quello che dice fa. Non è uno spaccone, non è mai stato folkloristico, semplicemente è carismatico. Ha quel senso dell’umorismo tutto slavo che arriva da Boskov o dalla Boemia di Zeman. Come fai a odiarlo? Ce ne fossero di uomini così.
Che rapporto ha lei con Urbano Cairo?
Racconto un episodio ricorrente. Da tempo ho chiesto di poter intervistare Mihajlovic, proprio perché mi piace il personaggio. Ogni volta che vedo Cairo gli chiedo: “Può dire al presidente del Torino se ci mette una buona parola?”. E lui mi prende in giro rispondendo “Sì, sì, quando lo vedo glielo dico”. Scherzi a parte, io vengo allo stadio Grande Torino una volta all’anno: al derby, a tifare contro la Juve. Tutte le volte mi siedo vicino a Cairo, Comi e Petrachi insieme a mio figlio e vi giuro che non ho mai visto così tanta passione in una dirigenza. Urlano dal primo all’ultimo minuto, è esaltante! Comi dialoga a distanza coi giocatori, come se potessero sentirlo (“Alzati Bruno, marcalo, corri!” gridava senza sosta a Peres), Petrachi tira giù qualche santo, Cairo prima chiede conferma di un fallo, poi si inalbera anche lui. Bellissimo.
Ma fatemi lanciare un appello al presidente.
Prego.
Da vero feticista della Panini e delle divise da gioco, gli chiedo un favore: la maglia del Toro deve essere tutta granata. Non ci deve essere nulla di bianco, solo lo scudetto sul petto. Mi dà fastidio persino la righetta gialla intorno allo stemma. Monocolore deve essere, come nel ’76.
E i pantaloncini?
Granata! Tutto granata!
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