Appunto, Sandra e Raimondo.Loro spaccano il video con una carezza. Strappano il sorriso a generazioni intere, con ironia e sarcasmo (Oddioooo? Che cosa sonooooo?) senza mai una volgarità, ribaltando il luogo comune della famiglia felice, rinforzandolo addirittura con il loro diniego.Il sabato sera va in onda Di nuovo tante scuse, che segue Tante scuse, andato in onda l’anno precedente.I bambini in particolare attendono la fine del programma, per gustarsi l’imprevedibile sigla finale.Ci sarebbe da scrivere un’istantanea soltanto sui finali dei loro varietà, il cui epilogo cambia di puntata in puntata.
Se il tedoforo Vianello (sulla canzone Ma che amore di Iva Zanicchi – sigla finale di Sai che ti dico?, 1972), aveva dimostrato qualche problema a portare la fiaccola olimpica, nel 1974 Sandra e Raimondo si erano divertiti ad eliminare i Ricchi e Poveri, ospiti fissi di Tante scuse.Nel 1975, con Di nuovo tante scuse, si ha la più famosa delle loro rappresentazioni nelle sigle.Vale a dire il corrersi incontro come due innamorati con sguardo sognante. La scena finale cambia ogni volta, con Vianello che fa precipitare Sandra in una buca, la fa finire contro un albero, la evita per poter giocare a pallone.Eccovi dunque qualche altra “chicca”.
(Ma che amore – Iva Zanicchi – Sai che ti dico? – 1972)
(Non pensarci più – Ricchi e Poveri -1974 – Video utile per rivedere la Marina Occhiena dell’epoca)
(Coriandoli su di noi – Ricchi e Poveri – 1975)
Il prato della ferroviaTorniamo alla nostra classifica di ottobre.Al terzo posto un brano che sicuramente è l’apice del pomicionismo di quegli anni.Mi chiedo infatti quanti amori siano nati (e non solo amori), sulle note di Amore grande, amore libero, del Guardiano del Faro.Riflettete, amici. Se siete nati nella parte centrale del 1976, provate un po’ a chiedere a i vostri genitori, se per caso avevano il 45 giri del Guardiano del faro. E se arrossiscono… bè, avete ricostruito parte della vostra personalissima genesi.Il vero nome del Guardiano del Faro era Federico Monti Arduini, tastierista milanese che tirava fuori il meglio dal suo moog.Eccovi un ricordo di quel grande successo, che non fu l’unico.Occhio alle colleghe, mi raccomando
Da segnalare ancora in quella classifica, il quinto posto di Jacky James, con Take my heart, cantante del quale si sono perse le tracce. Così non è stato per la sua canzone, che ancora oggi riporta a quei “Middle seventies” capaci di crudeltà e grandi romanticismi nello stesso istante.Oltre a lui però, il sesto e il settimo posto (ho omesso il quarto, di Mina, con L’importante è finire, perché troppo poco kitsch) sono occupati da due brani dal titolo quasi simile.Si tratta di Tornerò dei Santo California e di Tornerai Tornerò degli Homo Sapiens.Ora: se è esistito un limite allo strappalacrimismo di quel decennio, esso è stato toccato con alcuni capisaldi.Nel cinema con i lacrima movie, il cui re incontrastato è L’ultima neve di primavera (guardatelo solo se avete intenzione di uccidervi in pochi minuti). Nelle canzoni con Preghiera dei Cugini di Campagna (Dio mio, da star male) e con Tornerò dei Santo California.La storia è semplice: lui parte per la naja, sorte dannata. Lei, conserva la rosa che lui gli ha regalato prima di partire, “in un libro che non finisce mai di leggere”.Poco importa se il 95% delle ragazze si inzoccolissero a corto raggio, una volta che il proprio ragazzo fosse partito per l’allegra parentesi.La speranza era quella rosa, ormai seccata.Molti tornando dalla naja comunque, si davano all’heavy metal. C’è una spiegazione per tutto.Gli Homo Sapiens, che avrebbero vinto Sanremo nel 1977 con Bella da Morire, sfondarono sul mercato con un motivetto melodico e orecchiabile. Era la regola.La variante, rispetto all’addio di Tornerò, era il ritrovarsi dopo un anno, probabilmente per le vacanze.Sorte dannata che ha fregato tanti.L’ingenuità del testo era rappresentata dal seguente passaggio:
Ti ricordi il prato della ferrovia?Rotolavi sporca d’erba e di allegriaErano le sei,io ti ho chiesto “vuoi?”Poi cantavi nel venire via.
E me la sono sempre immaginata, questa qui che cantava come un usignolo, dopo un incontro ravvicinato con un altro tipo di volatile (perdonatemi), ma il punto non era quello.Il fatto era che a me la canzone piaceva. E mi piace tuttora.Adoravo cantarla (avevo un gran repertorio dal balcone, cominciato anni prima con Quanto è bella lei di Gianni Nazzaro – i vicini mi odiavano) e mio padre mi registrò proditoriamente.Per anni, e dico per anni, ha rispolverato quel nastro, ghignando alla mia voce ingenua di bambino, che in realtà stava cominciando ad aspirare al “prato della ferrovia”, fino a quando il tempo ebbe la meglio sul dannato supporto magnetico.Eccovi un po’ di link. Vi omaggio anche di quello di Bella da Morire.
(Jackye James – Take my heart)
(Tornerò – Santo California)
(Tornerai Tornerò – Homo Sapiens)
(Bella da morire – Homo Sapiens)
Il veloI dischi si consumano in quel periodo, e rimangono in classifica mesi, non giorni.Le prime Radio Pirata sono agli albori ed iniziano timidamente ad occupare la modulazione di frequenza.Ma sono ancora distanti dal poter offrire supporto a chi vuole ascoltare musica.L’unico modo è ancora quello del gira (o mangia) dischi, e di qualche cassetta per i più fortunati.Altrimenti l’appuntamento ufficiale è quello con la classifica Hit Parade, di Lelio Luttazzi, che ogni venerdì per radio, proclama la Canzone Regina.La domenica ci pensa poi Giancarlo Guardalbassi, con i suoi Dischi caldi, ad anticipare la domenica calcistica, urlando a squarciagola il suo Forza Perugia, al termine della trasmissione.Quando però le radio si spengono, alla sera ci si riunisce tutti di fronte al video.E’ l’epoca dei grandi sceneggiati del mistero, che hanno forgiato una generazione intera di giallisti.Tutto ha avuto inizio nel 1971 con Il segno del comando, sceneggiato parapsicologico con Ugo Pagliai e Carla Gravina. Successo non dico planetario ma quasi.All’epoca si potevano toccare punte di 22-23 milioni di spettatori, la metà della popolazione italiana.Altri successi seguono il filone, Giocando a golf una mattina, Lungo il fiume e sull’acqua, Ho incontrato un’ombra.Nel periodo in cui il Toro inizia il suo trionfale cammino verso lo scudetto, sugli schermi va in onda uno sceneggiato che si rivelerà indimenticabile: Ritratto di donna velata, con Nino Castelnuovo e Daria Nicolodi, futura compagna di Dario Argento, nonché madre di Asia.La trama è avvincente. Uno squattrinato collaudatore incontra una misteriosa ragazza, che si identifica con una donna altrettanto misteriosa, il cui ritratto, nascosto da un velo, è presente nella casa del cugino del collaudatore, a Volterra.In un crescendo di tensione si arriva al sorprendente finale, che non svelo.Eccovi però due clip tratti dallo sceneggiato, tra cui la famosa sigla di Riz Ortolani.
Riguardare oggi uno sceneggiato simile, significa fare i conti col tempo.Ciò che impauriva a morte è diventato risibile.La recitazione è approssimativa, i protagonisti si lasciano scappare dei madonnoni da paura, fumano come turchi.Eppure il prodotto rimane affascinante, intrigante, legato ai nostri ricordi smaliziati.Così come “Gamma”, sceneggiato italo-francese ambientato in un futuro prossimo, che si avvale della colonna sonora di Enrico Simonetti.Un pilota di auto da corsa, dopo un gravissimo incidente, subisce il trapianto di cervello (!!!). Dopo breve, viene però accusato di omicidio. Di chi è il cervello che gli è stato impiantato?Tra i protagonisti troviamo una affascinante Laura Belli.E’ l’eroina degli sceneggiati anni ’70. Di una bellezza sensuale, è già stata protagonista di Ho incontrato un’ombra, accanto a Giancarlo Zanetti, e lo sarà di altri lavori, per poi sparire dalle scene, sul finire della decade.La curiosità dello sceneggiato è che si suppone girato in Francia. Tutti i protagonisti hanno nomi francesi.Rivedendolo però recentemente, mi sono accorto di alcune cose. Alcuni fermi immagine,impossibili all’epoca, mi hanno sicuramente aiutato.Il protagonista, braccato dalla polizia, fugge lungo un’autostrada solitaria a bordo di una moto. Il profilo della collina non mi era nuovo (vedi immagine dell’articolo), quindi, al rallenty, mi sono accorto che egli sta procedendo contromano, su una autostrada probabilmente chiusa per l’occasione.Sulla quale c’è lo svincolo per Villastellone!Ecco l’arcano. Quella parte di sceneggiato è stata girata sul raccordo che, dalla Torino-Savona, porta a Corso Unità d’Italia!E non solo. Altre scene sono state girate al CTO, un’altra di fronte al Palazzo a Vela (non ancora devastato dall’orrendo pala ghiaccio) ed un’ultima nel Piazzale Valdo Fusi, anch’esso non ancora seviziato.Chi se ne frega? Nessuno.Eccovi però il link alla sigla.
Abbiamo appena sfiorato il discorso sceneggiati, che ci porterà avanti in questo nostro viaggio.Torneremo a parlare di radio, televisione e della nostra classifica.E di quegli anni in cui credo che lo scudetto del Toro sia stato l’apice dell’apertura mentale.Tutto questo la prossima settimana, nella seconda puntata del nostro viaggio.
Bella sarai, è il titolo di una canzone della Bottega dell’arte, del 1978.Ne parleremo più avanti, eccovi il link, comunque.
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