Sto pensando proprio a lui, Gigi Meroni, l'esile farfalla dalla folta chioma che amava dipingere, vestirsi con le sue creazioni ed ascoltare i Beatles.
Aveva una sensibilità assoluta, Gigi, e la sua imprevedibilità era apprezzata da pochi: né dagli avversari in campo, né dalla stampa fuori; proprio i giornalisti ed i benpensanti ne fecero un bersaglio di attacchi per lo stile di vita e l'idea di libertà che portava avanti senza curarsi di nessuno. Ma per i tifosi è stato e sarà sempre un ragazzo eccezionale ed un'ala prodigiosa.
Il calcio di oggi, pur con le ovvie e bellissime eccezioni, non è altro che lo specchio della società: prevale il conformismo e il bisogno di apparire. Chi tra i giocatori attuali supererà il tempo della propria carriera e sarà ricordato come mito, leggenda o grande campione? Chi avrà saputo coniugare le qualità morali con quelle tecniche? Ai posteri l'ardua sentenza.
“Gigi Meroni è stato tra i simboli di un'epoca. E' stato il simbolo di una certa (bellissima) idea di calcio. Per questo oggi il suo ricordo giganteggia. Per questo nessuno oggi immaginerebbe più di raccontare l'Italia degli anni sessanta, non solo calcistici, senza nominarlo. Per gli uomini che segnano i tempi è sempre così. Prima sottovalutati, poi riscoperti e vissuti con identificazione e ammirazione crescenti.” Nando Dalla Chiesa
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