Alla fine, ce la farà. Con “I sindaci dei drappieri”, Rembrandt riuscirà a vedere quella luce che il suo occhio visionario aveva inseguito con tanta determinazione e potrà chiudere così la sua vita con l’armonia interiore e con un capolavoro, così come Pupi è riuscito a vedere la luce con ostinata caparbietà dopo che Giagnoni lo mise a calciare il pallone in solitudine sul muro.
Devo anche dire che quella mattina di ferragosto, ad Amsterdam, prima di entrare nel Rijksmuseum, avevo appreso da un quotidiano sportivo, che il Toro si apprestava a sferrare l’assalto definitivo al tanto agoniato Rolandinho Bianchi, il centravanti d’oltralpe del Manchester City; giocatore di assoluto valore, nonché promettente futuro realizzatore di quei goal che da tempo mancano alla squadra granata.
Di conseguenza, era inevitabile che, girando per le sale del Museo, mentre gli occhi godevano emotivamente della pittura, la mente fosse impegnata a immaginare come avrebbe giocato il nuovo Toro, targato Gianni De Biasi. Ma arrivata davanti al capolavoro di Rembrandt, miracolosamente, gli occhi e la mente smisero di andare su strade separate, per fondersi in un’unica emozione. Niente di tutto questo, mi era accaduto con i quadri visti fino ad allora.
Fu in quel momento che, riflettendo sulla forza delle emozioni, per associazione di idee, pensai al Toro e a De Biasi, e curiosamente notai come un pittore e un allenatore abbiano in comune, l’uno sulla tela e l’altro sul campo da gioco, uno spazio ben definito e un problema fondamentale da affrontare e risolvere: creare, in quello spazio definito, con i colori l’uno e con i giocatori l’altro, un equilibrio capace di ottenere un risultato e soddisfare l’occhio dello spettatore. Con certezza, GDB, si intende di equilibri: gli bastarono, infatti, poche settimane, per ricostruire, sulle macerie di una retrocessione che avrebbe stroncato chiunque, una squadra capace di centrare e guadagnare immediatamente la promozione. Oggi ha per le mani un nuovo parco giocatori ed un tridente formato da Amoruso, Bianchi e Rosina di sicuro affidamento, oltre a DDM, Stellone e il giovane promettente Malonga, tale da far tremare le avversarie di turno. Dunque, se il nuovo ariete granata saprà lucidare per bene l’artiglieria dando nuovo smalto al reparto avanzato, i dubbi rimangono ancora invece in mezzo al campo, ma come non si doveva lasciarsi andare al pessimismo prima, non ci si può nemmeno lasciare andare al facile ottimismo adesso. Rimangono alcuni pensieri su cui credo sia giusto ragionarci sopra con la dovuta calma, ma non troppa, ben sapendo che fra meno di una settimana c'è il Lecce e tutto dovrà essere pronto.
E’ risaputo che noi tifosi granata siamo dei visionari per natura e che come Rembrandt cerchiamo la luce da una vita. La luce di un nuovo ciclo che, come per “I sindaci dei drappieri” di Rembrandt, un giorno magico arriverà anche per noi e sarà finalmente il nostro capolavoro.
Chissà che quel giorno non sia proprio domani.
Forza Toro al di là del tempo e dello spazio.
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