I viaggi da fare sono tanti perché arrivano segnalazioni in continuo. Sta a te scout crearti una buona rete di contatti in giro per i campetti e le società satellite. Se una segnalazione arriva da un allenatore di cui ti fidi, allora vai più a fondo e metti sotto osservazione il prospetto. Lo segui in partite, tornei. I migliori li andavo a vedere almeno 3-4 volte perché magari la prima partita a cui assisti gioca alla grande, la seconda è in giornata no, per cui una terza chance serve per giudicare.
I video su Youtube non bastano, almeno non a me. Le sensazioni che hai dal vivo non sono replicabili a distanza. Un modo per capire meglio se un giovane aveva la stoffa per giocare nel Torino era aggregarlo alle nostre squadre (Fabbrini cercava nuovi talenti a partire dai Giovanissimi Fascia B fino alla Primavera, ndr): se si adeguava al livello in fretta e non faticava troppo, allora c’erano buone speranze. Poi ci sono i colpi di fulmine, quelle volte in cui ti basta uno sguardo. L’ultimo con cui mi è successo è Costanzo (Pasquale, centrocampista classe 2002, arrivato nell'estate 2017 per rinforzare la Under 16 di mister Fioratti, ndr). L’ho visto giocare a Grugliasco, mezz'ora dopo lo volevo tesserare.
Convincere un ragazzino a venire in una società blasonata come il Toro non è così complicato, ma bisogna considerare anche la società di appartenenza e, soprattutto, la famiglia. La famiglia era la prima cosa di cui mi interessavo quando iniziavo a seguire uno nuovo. Devi essere capace di creare empatia, in maniera onesta. Non credo fosse mio compito convincere qualcuno. In quanto osservatore io presentavo molto chiaramente il progetto e le condizioni in cui sarebbe potuto essere trasferito il ragazzo. Invitavo genitori e figlio a visitare le nostre strutture, gli alloggi delle diverse categorie, spiegavo loro come sono seguiti i calciatori in campo e a scuola. L’ultima parola poi è giusto che spetti a loro.
In questo rapporto, negli ultimi anni, si è inserita la figura del procuratore, anche a queste età. Non so se sia giusto, né se sia meglio o peggio di prima, sicuramente è diverso. Molto dipende anche da chi ti trovi di fronte come procuratore…
Il Toro ha sempre avuto dei grandi scout, fin dai tempi di Ellena e Vatta che con un’occhiata capivano se avresti fatto carriera o no. Oggi le strade sono due: Atalanta o Udinese. I primi investono tanto sul proprio settore giovanile, creando appartenenza e talenti a costo zero; i friulani invece hanno una rete di osservatori molto estesa e a ogni sessione di mercato vanno a pescare nomi sconosciuti in giro per il mondo in cerca del crack vincente. Sono entrambi modelli validi. Nelle mie quattro stagioni da osservatore granata (2013-2017, ndr) ho visto un progetto ben delineato e una crescita di professionalità e risultati, culminata con quel grande regalo per tutti noi che è stato lo scudetto Primavera. I meriti, così come le responsabilità, non vanno al singolo, ma al gruppo perché prima di prendere una decisione e proporre un acquisto alla società, quel prospetto viene visionato da più persone e ci si confronta sulle rispettive impressioni. Tocca poi alla società avere fiducia nel suo team di “occhi” in giro per l’Italia e valutare l’operato nel lungo periodo.
Il lavoro di scouting mi è capitato quasi per caso, ma è stata una bella esperienza. Ho imparato tanto e quegli insegnamenti cerco di portarli anche nel quotidiano da Responsabile delle Giovanili della Pro Vercelli. Questa è una società seria in cui si riesce a lavorare bene e con un orizzonte temporale ampio. Credo proprio di aver trovato la mia strada.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
/www.toronews.net/assets/uploads/202508/2152c6c126af25c35c27d73b09ee4301.jpg)