Nuovo appuntamento con "Il granata della porta accanto", la rubrica su Toro News di Costantino
Quanto vorrei tornassero i tempi degli slogan delle campagne abbonamenti di Borsano ("più siamo, più vinciamo")
Ricomincia lunedì la stagione granata con la prima partita ufficiale dell'anno: Torino-Modena di Coppa Italia. È il primo impegno di quest'anno e finalmente dopo varie amichevoli di livello, ma con risultati poco confortanti, questa partita ci darà qualche indicazione sullo stato dell'arte della squadra di Baroni ora che finalmente i punti (in questo caso il passaggio del turno) contano davvero. Ci piacerebbe poter dire che la stagione parte con del vero entusiasmo ma purtroppo così non è. Da ormai troppi anni, infatti, il rapporto deteriorato tra la piazza e la proprietà ha inquinato quel sano ottimismo che di solito contraddistingue almeno l'inizio di ogni nuovo campionato. Tra le solite stantie dinamiche di mercato e le bassissime ambizioni che traspaiono nella costruzione della squadra e nelle parole del presidente, per i tifosi granata ogni stagione è come una fatica di Sisifo: si porta a fatica il masso in cima durante la stagione per poi vederlo rotolare giù durante l'estate e ricominciare, in un loop che appare senza fine, questo supplizio dell'ambizione: non si costruisce mai su qualcosa di preesistente, ma si riparte quasi sempre da zero vanificando quanto di buono è emerso l'anno prima. E poi mai che dal calciomercato arrivi qualche nome o qualche investimento che faccia davvero sognare i tifosi: so che uno Junior non potrà mai più arrivare da noi e nemmeno che potremo strappare un Martin Vasquez al Real Madrid di turno, ma il calcio è fatto anche di irrazionalità e a volte occorre sparigliare le carte per creare un effetto domino positivo. Quando arrivò Zapata un paio di anni fa si avvertì una certa elettricità nell'aria: peccato che poi le continue cessioni, da Buongiorno a Bellanova fino a Ricci, abbiano sempre attutito quello che poteva essere l'inizio di qualcosa di più grande. Quanto vorrei tornassero i tempi degli slogan delle campagne abbonamenti di Borsano ("più siamo, più vinciamo") ma mi rendo conto che sono solo dei nostalgici sproloqui di un ex ragazzo troppo innamorato del Toro per accettare una situazione del genere: non posso pretendere che qualcuno mi regali un sogno, ma non devo nemmeno piegarmi a chi ha svuotato di senso tutto ciò che è granata perché così è più comodo per la sua personale gestione...
Non dichiarare mai gli obbiettivi, non impegnarsi mai in una reale crescita anche solo di medio lungo periodo, non rinforzare mai le squadre o farlo a blocchi (un anno rinforzo l'attacco ma indeboliscono la difesa, l'anno dopo rinforzo la difesa ma smonto l'attacco e via così), non puntare su giocatori bandiera o non puntare su nuclei storici attorno ai quali innestare nuova linfa sono ormai tratti distintivi di una gestione, quella di Cairo, che non è minimamente interessata a portare entusiasmo nei tifosi. Perché l'entusiasmo è un'arma a doppio taglio e se vuoi vivere tranquillo, cioè fare il presidente per godere dei privilegi della carica (visibilità, prestigio, ecc.) ma senza sostenerne gli oneri (investimenti, critiche, contestazioni se le cose vanno male) allora devi ridurre a zero l'entusiasmo. I tifosi per chi gestisce il calcio moderno sono un fastidioso effetto collaterale, mentre storicamente sono sempre stati, al contrario, il vero motore del calcio. Oggi invece che ne sono solo più la coscienza da Grillo parlante che sottolinea e si lamenta di ogni obbrobrio che ci viene propinato in nome del calcio "moderno", i tifosi sono diventati solo più un fastidio: meglio trasformarli in clienti ai quali spillare soldi in un continuo eccesso di offerta quasi mai però legata ai reali "bisogni" da "veri" tifosi... Non bisogna ascoltare le loro richieste, ma creare nuovi bisogni fittizi che facciano gioco ai fini di lucro di gestisce il calcio. I token, i palloni dei gol da mettere all'asta, le terze e quarte maglie sempre più assurde per incrementare le vendite di nuovi prodotti. Tutto deve creare nuovi falsi bisogni ed allontanare la mente del tifoso dalla tradizione perché la tradizione non fa guadagnare abbastanza. E al Torino, ahimè, la musica è la stessa, nonostante i suoi tifosi, cioè noi, abbiamo sempre orgogliosamente sostenuto di essere "diversi", ma da questo orecchio Cairo non ci sente proprio. Volevano il Filadelfia, questi rompiscatole di tifosi? Ebbene ora che c'è non pretendano che resti anche aperto! Volevano un centro per le giovanili? C'è il Robaldo! E chissenefrega se ci sono voluti dieci anni e non è ancora finito ed è appena, appena sufficiente per le Under (ma la Primavera non poteva tornare a giocare al Filadelfia, come da tradizione?).