"La squadra deve essere già pronta al 90% per l’inizio del ritiro".Parole chiare, quasi programmatiche, quelle pronunciate da Urbano Cairo durante la presentazione dei palinsesti di La7. Si tratta di una dichiarazione che, di primo impatto, può far ben sperare chi da tempo attende un cambio di passo nella pianificazione tecnica del Torino. Ma a guardarla bene – e soprattutto alla luce dei precedenti – quella frase rischia di restare incorniciata nella galleria delle buone intenzioni. Perché negli ultimi anni, tra ritiri iniziati con metà rosa incompleta e colpi last-minute, il copione è sembrato ripetersi con una certa regolarità.
IL TEMA
Cairo alza l’asticella: “Toro pronto al ritiro”. Ma il passato frena l’entusiasmo
Torino, il mercato estivo delle precedenti stagioni
—Solo un anno fa, il Torino affrontava gran parte del ritiro con una rosa incompleta, spezzata in più punti. Due difensori su cui si sarebbe poi poggiata l’intera linea arretrata, Maripán e Walukiewicz, arrivarono a fine agosto, quando la stagione era già iniziata. Sosa, atteso come titolare sulla fascia sinistra, fu ufficializzato a Ferragosto.Guardando ancor più indietro, all'anno prima ancora, Zapata, centravanti su cui costruire l’intero reparto offensivo, firmava nelle ultime ore di mercato. La lista di questi colpi last-minute potrebbe prolungarsi per numerose stagioni antecedenti. Alla luce di tutto questo, il “90% pronto per il ritiro” suona più come un auspicio che come un piano concreto. Lodevole, certo. Ma per diventare credibile serve un’inversione di rotta. Non solo nei tempi, ma nell’approccio.
Torino, tra parole e realtà
—Nel corso dell’intervento, Cairo ha anche dichiarato: “Oggi siamo a posto in difesa, a posto in mezzo, ci mancano tre giocatori avanti, gli esterni.”Una fotografia apparentemente rassicurante, che però potrebbe rivelarsi ottimistica se confrontata con la concretezza della rosa attuale. Il Torino è al lavoro per chiudere operazioni interessanti in entrata: i nomi caldi sono Anjorin, Ismahili e Ngonge, con l’obiettivo dichiarato di portarli già in ritiro e non si esclude l’arrivo di un ulteriore esterno offensivo.
Tuttavia resta ancora irrisolta la questione legata al portiere: Vanja Milinković-Savić potrebbe restare, ma una sua partenza – tutt’altro che improbabile – rimetterebbe in discussione l’intero assetto tra i pali. Un’incognita non da poco, specie in una fase in cui la stabilità dovrebbe essere la priorità.
L'importanza della coerenza
—Il mercato è complicato, certo. Ma è proprio nelle difficoltà che si misura una strategia solida. E la sensazione, in casa Toro, è che troppo spesso le dichiarazioni siano partite con un passo, mentre i fatti ne abbiano seguito un altro. Quella del “Torino pronto in ritiro” può diventare una svolta, se messa in pratica. Ma è una strada che richiede tempismo, convinzione e investimenti rapidi. Tre elementi che, negli ultimi anni, non sempre sono stati il tratto distintivo dell’attuale gestione. Il presidente ha indicato la via. Ora resta da capire se intende davvero seguirla. Perché la credibilità, nel calcio come nella vita, si costruisce mantenendo le promesse. Non ripetendole.
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