E il Bologna? La parte interessante arriva adesso: il presidente della FIGC era il gerarca fascista Leandro Arpinati, podestà della città di Bologna. Il Presidente decise - sotto pressione del Duce (che si diceva essere tifoso rossoblù) - di revocare lo scudetto al Torino, ma tra la sorpresa dei più di non assegnarlo al Bologna, come invece il regolamento avrebbe previsto in questi casi. Dimostrazione di superiorità nonostante il dichiarato legame alla città emiliana da parte di Arpinati? Molti analisti sostengono il contrario: Arpinati, infatti, avrebbe gonfiato appositamente lo scandalo, col fine di aiutare il Bologna a conquistare il titolo, ma fu probabilmente fermato dal Duce in persona, e il motivo è storicamente chiaro. Il ventennio fascista era all’alba, e Mussolini non poteva permettere che il malcontento si diffondesse in quel regime che stava solo allora acquisendo popolarità e forza: pertanto, è molto probabile - se non praticamente certo - che fu il Duce a forzare il podestà di Bologna a prendere la scelta più “populista”, anche se contro il regolamento e contro le trame ordite (e riuscite) dal gerarca fascista.
Quasi un secolo dopo, si continua a parlare di quel presunto scandalo, e di uno scudetto tolto ai granata con l’iniziale volontà da parte dell’allora presidente federale di consegnarlo al Bologna, squadra legata al fascio. Antiche trame di regime, dunque, dietro a questa sliding door tra felsinei e granata, che adesso recriminano indietro quel tricolore. Sabato, ad ogni modo, la querelle si sposterà sul campo, sotto forma di partita, e la Storia tornerà nei libri, ma la sete di verità da parte di tutto il mondo granata non si è ancora spenta.
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