Ed a questo punto arriva l’intoppo: rientra Gillet dalla squalifica. Personalità importante in campo e nello spogliatoio, ancora preferito da una buona fetta di tifosi, il belga di fatto non reclama il posto da titolare, ma è una presenza “ingombrante” per Padelli che sente troppa pressione alle spalle. Daniele comincia la stagione da titolare, ma ricominciano gli errori, alcuni grossolani, e le insicurezze: Ventura finisce per promuovere a titolare il belga ed a far giocare in Europa League l’italiano.
Questa situazione di stallo dura fino a gennaio. Poi, arriva la decisione della società di puntare forte sul numero 30: Gillet viene ceduto al Catania, Padelli viene ri-promosso titolare e viene acquistato Ichazo, un giovane a cui far da chioccia. Ed i risultati arrivano: di nuovo, una seconda parte di stagione in crescendo, uscite sempre più sicure, parate importanti anche nel derby vinto, il rigore parato a Babacar. Arrivano anche le prime chiamate nella nazionale maggiore di Conte. Poi un’altra doccia fredda: Torino Empoli 0-1, autogol di Padelli, talmente goffo, talmente inaspettato che si fatica a crederci. E’ la partita che di fatto smorza gli entusiasmi dei granata, nuovamente in lotta per un posto in Europa.
Dunque due stagioni vissute tra alti e bassi per colui che ora è a tutti gli effetti il numero 1 in cmapo del Torino. Un po’ come la sua carriera: dalla Sampdoria al Pizzighettone, dal Liverpool all’Avellino. Questa deve essere la stagione della consacrazione per Padelli, la stagione in cui il portierone granata conquisterà finalmente anche i tifosi più scettici. Ha dimostrato di avere carattere, di saper uscire a testa alta anche da situazioni molto complicate, di sopportare critiche e, talvolta, qualche fischio. Ha dimostrato di aver capito dove si trova, che cos’è il Torino e quanto pesa la maglia. Basta guardare l’esultanza dopo il derby.
Quest’anno Daniele gioca per due sogni: entrare definitivamente nel cuore dei tifosi del Toro; vestire, oltre al granata, l’azzurro, ai prossimi Europei. Uno stimolo, anzi due, in più per onorare al meglio quella maglia numero 1.
Federico Bosio
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