Soprattutto per le generazioni nate a cavallo dei 90, Mondonico è, ancor più che l'allenatore dell'ultima Coppa Italia, una sedia che si alza nel cielo di Amsterdam, quasi a protestare con Dio per la sofferenza, i torti e i drammi presentatisi, puntuali, ogni volta che il Toro ha cercato di rialzare la testa da quelle maledette 17.03 del 1949. Pochi secondi che hanno contribuito a trasformare un uomo in leggenda, facendolo entrare di diritto nel pantheon della mitologia granata. Ma dietro a una fotografia passata ai posteri c'è sempre una storia più ampia e, se si parla del Mondo, sarebbe un delitto non raccontarla.
Ed è proprio questo che ha voluto fare Beppe Gandolfo nel suo “Tutto il Toro del Mondo”, presentato ieri sera nel salone di bellezza e acconciatura "Dai Granata" (una sorta di museo che ogni tifoso granata dovrebbe visitare). Un libro, ammette Gandolfo, che "mi è costato molta sofferenza, perché doveva uscire il 29 settembre 2018, a 50 anni esatti dall'esordio con la maglia granata di Emiliano Mondonico". Come scrive nella prefazione, quando incominciò a collaborare con il Mondo per la sua stesura "il cielo era sereno, seppur con qualche nuvola. Invece è arrivato il temporale. Devastante". "Tutto il Toro del Mondo" non è, però una commemorazione, tutt'altro: è la celebrazione di una doppia storia, quella di un Torino che fece sognare e di un ragazzo ribelle e indisciplinato che seppe crescere e trasformarsi in un allenatore apprezzato e rispettato, ma soprattutto in un uomo vero e genuino. L'ultimo, forse, in grado di fare breccia nei cuori del popolo
granata.
© RIPRODUZIONE RISERVATA


/www.toronews.net/assets/uploads/202512/IMG_0456-scaled.jpg)