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Dopo un anno a predicare nel deserto, Scarchilli va in comproprietà alla Samp in cambio dell’esuberante Marco Carparelli. In blucerchiato lo aspetta un’altra stagione tribolata iniziata con il Flaco Menotti e proseguita con Boskpv in panchina coi doriani che non raggiungono la qualificazione diretta in Uefa nonostante Montella, Signori, Mihajlovic, Boghossian e Veron. Sarà soltanto Intertoto. Alessio realizza il suo primo centro in serie A da ex contro il Lecce alla penultima: lanciato da Veron sulla sinistra, entra in area in dribbling e realizza in diagonale di destro. Al termine della stagione Scarchilli ritorna sotto la Mole e cambia tutto in positivo. Siamo ancora in B dopo il furto subito dal Perugia 1997/98 e Vidulich ha richiamato Mondonico. Il “Mondo” capisce il valore di Alessio, lo fa maturare chiedendogli anche compiti di copertura e non ha nessun dubbio nel collocarlo in un centrocampo fortissimo per la categoria con Giuseppe Scienza, Marco Sanna e Massimo Crippa in attesa del rientro di Massimo Brambilla. Già nella prima giornata il nostro va a segno con uno schema su punizione (finta il cross, triangola con un compagno e realizza con un rasoterra chirurgico il gol del provvisorio 1-1 in una gara persa immeritatamente 3-2 a Cremona). É il momento in cui, confesso, entro in fissa con lui. L’ex doriano è fondamentale sui calci piazzati dove si ritrova a regalare dei cioccolatini ai compagni di squadra, quando non si mette in proprio con un discreto successo, ma è anche uno dei più qualificati a portare palla e a fare gioco. Il campionato è difficilissimo, ma alla fine lo portiamo a casa. Sarà proprio una conclusione di Scarchilli che verrà deviata astutamente da Sommese ad aprire le marcature nella gara, a posteriori decisiva, contro il Brescia prima della promozione matematica a Benevento contro l’Andria. Nel Toro che affronta la A nel 1999/2000 Alessio riversa in campo sin dall’inizio la sua voglia di affrontare la massima serie sfoderando prestazioni che sembrano rendere imminente una sua chiamata in nazionale. Nella delicatissima sfida contro il Bari alla sesta giornata, con le scorie di una brutta sconfitta a Bergamo in Coppa Italia da smaltire, Scarchilli segna la rete che chiude la gara sul 3-1: Ferrante giostra sul lato sinistro dell’area fra un paio di difensori e vede col terzo occhio l’inserimento in gran carriera del compagno che controlla di sinistro e scarica sotto la traversa un destro al fulmicotone prima di venire sommerso dai compagni. Nei giorni successivi il centrocampista racconta di come abbia alzato il livello anche imparando a faticare: “Ho messo da parte fantasia, estro e palleggio, diventando uomo di fatica. Ho scoperto cosa significa essere umili, soffrire, sudare. Prima credevo di essere elegante in tutto. Solo adesso mi accorgo che sono molto più utile tirando la carretta, rincorrendo gli avversari e, se le gambe reggono, affacciarmi in area a caccia di gol”.
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La domenica successiva il numero quattordici ritrova la “sua” Roma: altra prestazione di altissimo livello e altro gol, seconda rete dell’ex su tre totali in serie A. Uno scatenato Diawara affonda sulla destra e centra basso, il tocco di Zago mette fuori causa Ferrante, ma offre una grande possibilità a Scarchilli che è bravissimo a stoppare col petto un pallone non facile e lo è ancora di più a coordinarsi e a metterlo ancora sotto la traversa come contro il Bari, ma stavolta di sinistro. Il cuore di Alessio sarà anche giallorosso, ma l’esultanza è tutta granata. I giallorossi di Capello pareggeranno con Di Francesco nella ripresa e i granata possono recriminare per un pari strettino, ma Scarchilli, mentre fioccano i sette in pagella, oltre a dirsi “granata nella pelle” spera che questa gagliarda prestazione convinca la squadra delle proprie possibilità. Sembra tutto perfetto, ma all’improvviso si spegne la luce. Dopo il derby Alessio si opera di menisco per un intervento programmato che dovrebbe lasciarlo fuori solo un paio di gare, complice la sosta. Le partite diventano cinque e Scarchilli riprende il suo posto nella prima gara del 2000 contro la Reggina col Toro nel bel mezzo di un ciclo orrorifico di sei sconfitte consecutive. Dopo tre partite bisogna ancora fermarsi per stare fuori di fatto un girone perché si rende necessaria una seconda operazione al ginocchio: al rientro troverà un’altra società e l’ultimissima spiaggia per la salvezza in casa del Lecce. Non si possono fare miracoli e Scarchilli uscirà subito dopo il gol di Sesa per fare posto a Calaiò nel pomeriggio della seconda retrocessione al “Via del mare”. Il 2000/2001 è un calvario: altri due interventi, una manciata di presenze in campionato, l’impossibilità di contribuire alla cavalcata promozione sotto la guida di Camolese. Sembra finita, ma non lo è. In serie A “Camola” decide di utilizzare Alessio sia dal 1’ che facendolo entrare dalla panchina per far fruttare i suoi piedi buoni quando gli avversari sono stanchi. I frutti si vedono nel 5-1 al Verona, nel 3-1 all’Udinese dove è magico nell’andare via nello stretto a Pavon sugli sviluppi di un angolo prima di servire a Lucarelli un pallone solo da spingere in rete o nel 2-1 a Brescia dove la sua punizione a pescare Ferrante dà il “la” alla rimonta granata completata da una rete di Vergassola in un’altra azione avviata da lui. Un giocatore ritrovato che ha anche il tempo di segnare due reti in primavera: la botta di sinistro che vale l’1-0 contro la Fiorentina e che blinda definitivamente il discorso salvezza anticipata e la punizione capolavoro contro il Bologna nella famosa partita del “fargli fare gol”. L’anno successivo si parte bene in Intertoto, ma già nel ritorno contro il Villareal la stagione prende sembianze orrorifiche per la squadra: nessuno si salva, ultimo posto in classifica. Scarchilli saluta Torino: Mons, Teramo e Viterbo le ultime tappe di una di quelle carriere per cui, a ragion veduta, si può dire “se non ci fosse stato quell’infortunio”. Onestamente ogni tanto mi manca qualcuno che avanzi a testa alta e provi a prendersi le sue responsabilità a testa alta e palla al piede come faceva Alessio nelle sue giornate di buona vena.
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (0 meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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