Nel 1968/69 il Toro ha la coccarda della Coppa Italia sul petto, Edmondo Fabbri in panchina, Mondonico in campo nelle primissime partite e lo zoccolo duro che caratterizza il suo modo sanguigno di giocare, sebbene non ancora definito tremendista, decisamente in palla. Nelle giovanili granata c’è un cavallo di razza di nome Paolo Pulici, già fisicamente strutturato, più portato a intimorire i terzini avversari che ad averne paura. Il pubblico granata, sempre attento a ciò che può uscire dal Fila per venire utile alla prima squadra, è già discretamente in fibrillazione per questo potenziale portento acquistato un paio di anni prima dal Legnano. Fabbri ipotizza un suo impiego nella delicata gara di San Siro contro il Milan coi granata in una precaria situazione di classifica (ultimi a otto punti con Pisa, Vicenza e Varese dopo undici turni), ma alla fine prevarrà la prudenza di non bruciare Paolino su un grande palcoscenico come la scala del calcio. La partita sarà risolta dall’ex Rosato a 2’ dalla fine, come a punire questa piccola mancanza di coraggio. Di quel periodo in cui il debutto di Pulicilone pareva imminente, rimane una foto splendida su La Stampa con capitan Giorgio Ferrini che con un sorriso quasi paterno sembra spiegare al giovane attaccante cosa dovrà fare in campo per essere da Toro. Pupi, in giacca e cravatta come Giorgio, lo guarda rapito, il ciuffo domato e pettinato verso destra, un mezzo sorriso che denota attenzione e partecipazione. Magari stavano parlando di tutt’altro, però sembra davvero che il Capitano infonda una dose di granatismo a quello che diventerà un supereroe per i tifosi, il Toro incarnato, colui che, secondo Cuccureddu, nei derby aveva persino gli occhi granata.

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Culto 250 – il primo gol di Pupi
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Il 1969 soffia via le nubi nere sul presente granata: dieci risultati utili consecutivi con sei vittorie e risalita sino al sesto posto. Esattamente in quel momento si ricomincia a parlare di Pulici in prima squadra per sostituire l’infortunato Facchin. L’esordio in serie A avviene domenica ventitré marzo al Comunale contro il Cagliari di Gigi Riva, l’attaccante più forte d’Italia. Anche Gigi ha giocato nel Legnano come Paolino e si dice che la società lombarda abbia preso Pupi per caratteristiche fisiche simili al suo illustre predecessore. Secondo Riva quella contro il Toro è una delle ultime opportunità per intralciare la corsa scudetto della Fiorentina, ma il nativo di Leggiuno si dice sicuro che nel 1969/70, con un paio di innesti, i sardi vinceranno lo storico tricolore. Sarà buon profeta, come lo sarà quando nella stessa intervista affermerà che non lascerà mai la Sardegna per un’altra squadra. La partita, iniziata con un commosso minuto di silenzio per la scomparsa del romanista Giuliano Taccola, è vivace anche se si conclude a reti inviolate. Ai punti meriterebbe maggiormente la squadra di casa con Pulici che si disimpegna bene, protagonista di un episodio da moviola dopo una falciata di Longoni che non si capisce se dentro o fuori dall’area. Nel dubbio De Robbio di Torre Annunziata non fischia. Pulici esce fra gli applausi con il pallone della partita come souvenir e incassa anche un “bravo” dal difensore sardo Martiradonna, che pensa anche che dovrebbe entrare maggiormente nel vivo dell’azione, e un “Mi è sembrato assai dinamico, Ha le qualità per diventare un giocatore interessante” da Rombo di Tuono in persona. Tra numeri undici ci si intende. Dopo la sosta per la Nazionale, il campionato ritorna il sei aprile 1969, Domenica di Pasqua. Pulici sarà ancora titolare in casa dell’Inter nonostante Facchin sia recuperato. Con la classifica nettamente migliorata rispetto alla partita contro il Milan di fine dicembre si può regalare a Pupi il grande palcoscenico. Fabbri, ai suoi ultimi giorni della prima esperienza sotto la Mole, sposa in pieno la politica di lanciare i ragazzi del Fila, definendo Paolo l’ennesimo miracolo del settore giovanile: acquistato dal Legnano per una cifra modesta sta diventando già qualcosa più di una promessa. Nessuno può immaginare che il futuro sarà ancora più roseo (anzi, granata).
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Dalle prime battute sembra una Pasqua di sofferenza. Dopo 4’, al termine di una lunga manovra, la palla va da Facchetti a Mazzola che viene affrontato da Vieri in uscita e da Fossati in ripiegamento. La sfera schizza ancora verso il grande Giacinto che appoggia comodamente nella porta sguarnita sbloccando il risultato. Nemmeno 3’ è arriva il momento di Pupi: il numero undici parte a testa bassa in irresistibile progressione con Burgnich, non proprio l’ultimo arrivato, che non riesce a stargli dietro. Botta dal limite, il portiere Miniussi, già negativo all’andata, e descritto in maniera poco lusinghiera più adatto a coprire una porta da hockey, non trattiene. Paolino ha il fuoco dentro, si fionda sulla ribattuta e butta dentro il pallone che gli dà la prima gioia granata nello stadio più prestigioso d’Italia. L’Inter tornerà in vantaggio a inizio ripresa con un rigore di Bertini, ma una conclusione carica d’effetto di quel centrocampista straordinario che era Giambattista Moschino (non a caso il suo nome era sulla maglia portata da un animo sensibile come quello di Alessandro Baricco durante la protesta di domenica scorsa contro la presidenza Cairo) fissa il risultato sul 2-2 con Minieri non esente da colpe per La Stampa, mentre il Corriere della Sera è più portato a esaltare la prodezza del dieci del Toro (“Quel tiro era talmente carico di dinamite e così…elettronicamente guidato che, forse, non sarebbe stato in alcun modo parabile”). Il gol di Pulici è l’inizio di qualcosa di meraviglioso, anche se la confidenza con la rete ci metterà un po’ a diventare totale. Nel 1969/70 segnerà soltanto in Coppa Italia contro il Vicenza e il Cagliari. Per ritrovare la gioia in campionato bisogna andare al 22 novembre 1970 quando sblocca il derby al 76’ con una stangata all’incrocio dei pali su filtrante di Rampanti e anche quello è un segno del destino visto il feeling nel risolvere le stracittadine. Qualche giornalista lo chiama ancora con l’accento sulla “i” e non sulla “u”, ma inizieranno in fretta a correggere la pronuncia visto che, dopo la cura Giagnoni nel 71/72, la presenza nel tabellino dei marcatori sarà fissa. Ma questa è un’altra storia. Stasera c’è l’immagine ripresa da dietro la porta di un ragazzo che, come un cestista che si fionda a prendere il rimbalzo su un suo tiro sbagliato e realizza, corre come un proiettile sulla respinta di un portiere dopo un sua bordata e la butta al di là della linea prima di essere sommerso dai compagni. La prima volta non si scorda mai, anche se ci saranno altre 171 da festeggiare fra campionato e coppe.
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Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (0 meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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