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La partita di Willie

Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 
Willie Peyote ha indicato un oscuro Torino-Vicenza sotto la neve fra le sue "partite del cuore". Francesco Bugnone ci ricorda quel match nella nuova puntata di Culto

“Va beh, Bilbao sarebbe troppo semplice, però ovviamente è uno dei miei ricordi preferiti legati al Toro. No, ho un ricordo di una partita minore, un anno di serie B, era inverno, nevicava. Sono andato a prendere un mio amico storico che viene con me allo stadio da vent’anni che si era anche rotto il ginocchio, quindi è venuto in stampelle. Siam venuti a zero gradi a vedere Torino-Vicenza in serie B e quindi se devo pensare a una partita particolare penserei a quella, perché insomma ti dà l’idea delle sbatte che siamo disposti a vivere”.

 Queste le parole di Willie Peyote nel video che chiude il ciclo di interviste ad alcuni abbonati intitolato “Sei tutto per…”. Il fatto che Willie, per il quale non credo ci siano bisogno di presentazioni, indichi una partita minore come una delle partite simbolo del suo tifo mi ha fatto piacere perché il cuore del tifoso segue strade imperscrutabili e, come ho avuto già modo di dire pochi episodi fa, ci ritroviamo ad avere ai piani alti della classifica dei nostri match preferiti gare non propriamente storiche, ma che lo diventano “per noi “magari grazie alle persone al nostro fianco durante quei momenti (Toro-Cesena 1-0 del 1996/97 è stata una partita dimenticabilissima di per sé, ma anche la prima di centinaia che vedrò col mio migliore amico e fratello di tifo Stefano) o per situazioni particolari venutesi a creare. Il meteo avverso è una di queste. Una partita vista con un freddo cane, sotto un acquazzone o con la neve entra automaticamente nelle esperienze da raccontare, denotando una certa tempra nell’affrontare le intemperie per vedere la propria squadra e al tempo stesso una discreta dabbenaggine nel preferire gelarsi varie estremità invece di guardare il match in televisione. Eppure il dire “io c’ero” in quelle serate per pochi resta una soddisfazione che può considerare misera solo chi non è tifoso (in generale, non solo del Toro) così com’è bellissimo ritornare a casa, specialmente se il risultato è positivo, infreddoliti e contenti, rifocillandoci con qualcosa di caldo mentre si guarda la sintesi di ciò che si è visto dal vivo. Per questi motivi anche io sono legato al Toro-Vicenza citato da Willie e non sono il solo: è un sentimento comune ai quasi 10500 presenti il 31 gennaio 2012. I granata di Ventura stanno vivendo un momento complicato dall’ultima partita del 2011.

A Modena il Toro capolista è in vantaggio grazie a una stangata di Stevanovic da distanza siderale e le vacanze di Natale si prospettano buone con sei sulla seconda in classifica. Kamil Glik non è ancora il baluardo che diventerà portandolo a essere protagonista del pezzo che rivelò proprio Willie ai nostri cuori e a un quarto d’ora dalla fine si ritrova a franare su Greco dopo un malinteso con Coppola: rigore ed erronea espulsione del portiere da parte di Gallione di Alessandria. Lo stesso Greco trasforma il penalty e a 3’ dalla fine Ciaramitaro, che già ci punì in un Cesena-Torino 2005, regala il successo ai canarini di Agatino Cuttone. Le cose non vanno meglio a inizio 2012. Il girone d’andata si chiude con un pareggio a reti inviolate contro l’Albinoleffe dove nel giro di 1’ nel giro di pochi minuti si passa dal possibile 1-0 per noi undici contro dieci (palo di Antonucci) alla parità numerica per fallo da ultimo uomo di Iori fino a chiudere in nove per un rosso a Ebagua nel recupero. La sofferta vittoria con l’Ascoli grazie a una doppietta dell’ex Antenucci fa tirare un sospiro di sollievo, ma nelle successive due trasferte arrivano due pareggi con rimpianti a Cittadella e a Varese dove, sotto la neve, viene negato un rigore clamoroso a Meggiorini.

Dopo gran parte di campionato in vetta, il Toro si ritrova addirittura terzo a 47 punti dietro il Sassuolo (49) e il Pescara (48) e con Padova e Verona alle calcagna a 44. In parole povere nel turno infrasettimanale contro il Vicenza si può soltanto vincere. A Torino cade una neve quasi ghiacciata tanto che la temperatura ondeggia fra zero a meno tre. A leggere Facebook lo scenario sembra da glaciazione con macchine che non vanno avanti su corso Orbassano, utenti allarmati che chiedono la sospensione, varie ed eventuali. Ai tempi ero meno pappamolla di oggi è l’opzione non era “se” andare, ma “come”: parto con anticipo clamoroso, guido adelante con juicio benedicendo le gomme invernali e parcheggio molto vicino allo allo stadio. Sono bardato come Fantozzi quando va a sciare a Courmayeur, ma sono anche stupidamente contento. Ci scaldiamo subito contestando Cairo e Petrachi per l’ultima perla del mercato invernale: Cristian Pasquato in prestito dalla Juventus, biglietto da visita non graditissimo, in una di quelle operazioni che sembrano imbastite con l’unico scopo per farci incazzare. L’ex leccese giocherà la bellezza di 114’ con un gol e un assist nell’esordio contro il Gubbio. Visto l’utilizzo un acquisto che, presentatoci come imprescindibile, poteva tranquillamente essere evitato. Campo imbiancato, righe rosse e si parte. La partita si accende grazie a Oduamadi che, pur non giocando molto, sarà gran protagonista  stagionale con tre reti tutte decisive, inclusa la ciliegina del gol di apertura nella partita che varrà la promozione. Quella sera non è particolarmente fortunato: prima, partendo dal lato sinistro dell’area, pattina meglio dei difensori veneti, ma trova un attento Frison al momento di concludere col destro, poi, smarcato da un furioso spunto di Surraco, trova l’opposizione di Bastrini che si butta in scivolata e tocca con un braccio. Candussio non fischia e il pubblico si infuria: un rigore alla prima giornata senza alcun seguito nelle quarantuno successive e la gestione della partita sospesa per blackout contro il Padova lasceranno più di un’impressione sul poco affetto che l’undici di Ventura riceve dalla classe arbitrale.

Nella ripresa aumenta l’intensità della nevicata, ma nulla può spiegare come faccia Meggiorini a sbagliare il pallone che Antenucci gli crossa da destra e che sarebbe solo da mettere in rete: Frison si tuffa alla disperata e mette in angolo. Gli ingressi di Bianchi e Sgrigna per il poco freddo “Meggio” e l’esausto Oduamadi danno la spinta decisiva. Al 64’ è proprio l’ex Sgrigna ad avviare l’azione lanciando a destra Surraco che, dal fondo, centra un pallone che chi arriva prima dovrà semplicemente spingere in rete. Lo fa un difensore del Vicenza, Tonucci, tentando di anticipare disperatamente Antenucci dopo che Bianchi aveva mancato la deviazione. Si potrebbe dilagare ma l’attenzione di Frison su Bianchi, la leggera imprecisione di Sgrigna, la sfortuna di Antenucci vicinissimo al gol in acrobazia e l’egoismo ancora di Sgrigna che si mette in proprio invece di servire due compagni completamente soli impediscono al Toro di onorare i diecimila coraggiosi con una goleada, ma va bene così. Si torna a casa intirizziti e col riscaldamento al massimo sui piedi ghiacciati pensando alla cena in arrivo e alla felicità bambinesca che può dare una vittoria su autorete in un turno infrasettimanale di B sotto la neve sapendo che a “Tu c’eri quella sera col Vicenza?” potrai rispondere “sì”, esattamente come Willie Peyote. Finisco di scrivere questo pezzo e vedo che Willie Peyote ha commentato il video in cui Cruciani che, ennesimo a provare a insegnarci la vita, dice che la contestazione dei tifosi del Torino non ha senso, appena riportato dal profilo Instagram di Il Toro siamo noi. Ometto solo la prima parola (cinque lettere, tecnicamente una bestemmia che nel tempo si è trasformata in un tipico intercalare torinese) e cito il resto: “Adesso pure sul Toro devo sentire questo che parla?”. Un semplice commento e sono fomentato come una belva: grazie Willie, sempre uno di noi.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (0 meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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