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Al 40’ Sorrentino cancella l’errore che ha originato il vantaggio umbro su un colpo di testa di Stendardo, su azione d’angolo, che è un proiettile, ma Stefano si esibisce in un intervento spettacolare che mischia classe e istinto. Marazzina mette il pallone in corner di testa, c’è bisogno di tutti. Il pericolo scuote il Toro che nel finale di frazione staziona nella tre quarti umbra alternando classe e randello. De Ascentis, a un certo punto, accende lo stadio con due inusuali finte che mandano al manicomio Ferreira Pinto. In pieno recupero arriva l’occasione che potrebbe sciogliere l’ansia dei cuori granata donando loro un intervallo più tranquillo. Sugli sviluppi di un traversone di Carbone, Marazzina lavora palla per Pinga che vede Balzaretti al limite dell’area e lo premia. Il biondo controlla il pallone e carica il tiro. Il sinistro è ben indirizzato, ma è ancora Stendardo a ritrovarsi davanti a Squizzi per deviare la conclusione oltre la traversa. “Balza” crolla a terra disperato, affonda la faccia nell’erba e poi si rialza mentre la Maratona ruggisce. L’intervallo è vissuto in una sorta di incosciente attesa. Un rumoroso silenzio alberga fra chi rimane immobile al suo posto e chi cerca una bevanda o di andare in bagno. Su Torino aleggia una rabbia sorda verso un destino che, per l’ennesima volta, ci complica la vita, si diverte a vederci friggere, ci scarabocchia l’ultimo atto. L’autorete di Mozzini, i tre rigori di Sguizzato e ora questo svantaggio cupo: vietato alzare le braccia in anticipo, sempre.
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La ripresa non si ricorderà certo per la spettacolarità, visto che il Perugia non va oltre qualche mischia e il Toro non riesce a costruire occasioni degne di questo nome. Allora ci si esalta per Mudingayi che a un certo punto diventa più duro della Cosa vincendo un contrasto in mezzo al campo che, se perso, avrebbe portato guai oppure per Mezzano che salva su Floro Flores con un tempismo incredibile. All’80’ Pinga, su punizione, sembra calciare il pallone giusto, ma Squizzi vola e devia in angolo mentre Balzaretti, che aveva provato a deviare di testa, si dispera ancora per aver mancato l’impatto decisivo per pochi millimetri. Quando De Santis fischia la fine dei 90’ regolamentari in parecchi esultano rimbeccati da un pari numero di “ma che cazzo fate?” e allora bisogna provare a spiegare il regolamento dei playoff a chi non lo conosce bene in pochi concitati secondi con il sudore che cola e la faccia stravolta. I supplementari sono un altro ricordo nebuloso. Maniero, subentrato a un Pinga devastato, calcia una punizione a metà della prima frazione trovando la barriera, ma De Santis vede un mani e fischia un altro piazzato più avanti. Quel semplice guadagnare metri e perdere secondi ci fa abbracciare sugli spalti. Batte ancora Maniero, ancora barriera, angolo. Altri secondi, altri metri, altra gioia senza alcuna razionalità perché ormai su gradoni e seggiolini ognuno viaggia in una dimensione mentale in cui tutto il mondo si esaurisce nel verde del campo del “Delle Alpi” e nel tempo che passa ancora troppo lentamente, ma passa. Fuori da lì nulla esiste. Ultimi quindici minuti ed è tutta questione di anima. Il Perugia è sempre più stanco, appena sfiora un pallone viene sommerso dai fischi. Di contro qualsiasi atto che porti la sfera lontano dalla nostra porta è accolta da boati che centuplicano le forze dei granata in campo. I panchinari incitano il pubblico dopo un angolo conquistato, c’è Marinelli in canotta che fa quasi da capo tifoso sventolando una maglia sopra la testa. Saltano tutti sui cori della curva, i giocatori aizzano la folla e la folla aizza i giocatori. L’ultima azione vede gli uomini di Ezio Rossi prima e di Zaccarelli ora arrivare primi su ogni pallone e fare sempre la scelta giusta, guidati da quella A enorme che finalmente è lì e ci vuole inghiottire. Il fallo su Codrea è l’ultimo atto della gara col romeno a rotolarsi a terra e i tre fischi che giungono un sospiro dopo. Stavolta non ci sono regole che tengano: si festeggia tutti.
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I presenti non invadono il campo, come da invito della società, ma sono ben contenti di rimanere sugli spalti a godersi la festa. I giocatori in mutande salgono sul Toro sotto la Maratona, Zaccarelli in lacrime viene preso e portato di peso dal portiere di riserva Gianluca Berti verso la curva, Fontana è mattatore, Pinga si mette a palleggiare col pubblico in delirio mistico. Balzaretti è al settimo cielo: “Sono qui da vent’anni, è la cosa più bella che mi sia successa. Io sono un tifoso del Toro, giocherò col Toro in serie A: questo è il mio sogno. Viverlo è stupendo”. Federico guarda gli spalti con gli occhi dell’amore, ignaro del modo in cui spezzerà tutti quei cuori. Ma, come sempre, è meglio non sapere cosa accadrà. Adesso è solo il momento di festeggiare, chi andrà in piazza, chi tornerà a casa felice e non riuscirà a prendere sonno per l’eccesso di adrenalina o crollerà come un sasso quando toccherà il letto e le emozioni presenteranno dolcemente il conto. Del mio viaggio di ritorno ricordo che la radio passare improvvisamente “Destinazione Paradiso” di Gianluca Grignani, come se la programmazione avesse pensato alla nostra serata. Non possiamo fare altro che cantarla, coi finestrini abbassati e il cuore pieno di bellezza.Nei giorni successivi Cimminelli si dice sicuro di poter ottemperare agli impegni economici, Zaccarelli resta come dirigente, Marazzina rivela che sono in molti ex compagni a chiedergli di mettere una buona parola per venire a Torino, Arrigoni è il candidato numero uno per la panchina, il danese Keller il primo colpo. Il primo luglio la prima pagina de La Stampa riporta una notizia inquietante: “Blitz della Finanza dal patron del Toro”. Nel riquadro accanto, quasi beffarda, la pubblicità del dvd “SiAmo tornAti” che festeggia la promozione. Non ci è stata concessa nemmeno una settimana di gioia.
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (0 meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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