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I giallorossi sono a punteggio pieno dopo aver battuto Pisa, Sampdoria (in trasferta) e Milan in campionato ed estromesso il Göteborg dalla Coppa dei Campioni al primo turno, ma Liedholm non si fida e serpeggia una strana tensione all’interno della squadra. Il tecnico svedese teme il potenziale del Torino, non ancora pienamente espresso nelle primissime giornate, e guarda all’incontro granata con notevole preoccupazione. I granata promettono battaglia e le parole di Dossena alla viglia sono anch’esse profetiche: “Come squadra sono superiori a noi e per questo occorrerà farli lavorare e faticare, farli correre insomma per metterli in difficoltà”. La tattica studiata da Eugenio Bersellini va proprio in quella direzione: gioco lento nella propria metà campo per far venire avanti gli avversari e improvvise accelerazioni dalla trequarti avversaria in su per colpire senza pietà. I piani migliori sono quelli che riescono e le cose si mettono bene sin dal settimo minuto. Dossena scocca un lancio commovente nella sua precisione all’altezza del cerchio di centrocampo. Hernandez indossa la numero undici e forse si sente pervaso dallo spirito di Puliciclone, padrone assoluto di quella casacca fino a un paio d’anni prima, visto che parte in progressione con una furia paurosa. Oddi prova a fermarlo, ma gli rimbalza contro e termina comicamente a terra. Pato si sistema il pallone, alza un istante la testa e buca con freddezzaTancredi in uscita prima di lanciarsi in un’esultanza sfrenata a pugni chiusi.
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Che la giornata sia quella giusta lo si capisce pochi minuti dopo. Terraneo non trattiene una botta di Maldera e dalla mischia che si scatena emerge Graziani che calcia a colpo sicuro, ma quasi sulla linea Galbiati si trasforma in un portiere fenomenale e respinge in tuffo con la mano. Redini fischia l’inevitabile rigore, ma Terraneo blocca la conclusione decisamente rivedibile di Pruzzo. Il Toro ricomincia a caricare dopo lo scampato pericolo con Tancredi impegnato a più riprese. Al 40’ un’azione da manuale vale il raddoppio: Beruatto porta palla e si rende protagonista di un lancio liftato per Selvaggi che fa da sponda volante per l’inserimento di Hernandez. Stop di petto e gran botta sotto la traversa del numero undici che vale il raddoppio granata. Pato aveva già segnato ai giallorossi nella passerella post-scudetto che chiudeva la stagione precedente (un facile tocco a porta vuota su respinta del portiere), ma stavolta ovviamente le reti hanno tutto un altro sapore. Nella ripresa i padroni di casa sfiorano il 3-0 e l’autorete di Zaccarelli all’89’ vale solo per i tabellini e per far prendere un po’ di veleno a Terraneo che perde la sua imbattibilità.
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Esattamente un girone dopo all’Olimpico, sul punteggio di 1-1, uno splendido pallonetto di Hernandez supera Tancredi, ma Nela, con un disperato tocco di mano, toglie la palla dalla porta imitando la “parata” di Galbiati all’andata. Dentro o fuori? Nel dubbio Casarin concede calcio di rigore, ma Pato lo sbaglia con Tancredi abile a deviare la sfera sul palo. La partita è stregata: nonostante la superiorità numerica per espulsione di Nela per fallo su Pileggi i granata vanno sotto per un rocambolesco centro di Pruzzo e l’ultimo tentativo di testa di Dossena, su cross ancora di Hernandez, si stampa sul palo. Da quel giorno la lotta dei granata per le zone alte della classifica inizia a perdere colpi. Se quel rigore di Hernandez fosse entrato o, meglio ancora, se Nela non fosse arrivato con le mani a impedire la rete del fantasista granata il ricordo dell’argentino sarebbe ancora più esaltante, ma non si può avere tutto. La stagione successiva Hernandez andrà ad Ascoli per un’esperienza sicuramente meno brillante di quella a Torino mentre in granata approda Leo Junior a insegnare calcio e a dipingere sogni, ma è giusto che nel cuore di ogni granata ci sia un posto per Pato. Dallo sguardo un po' commosso che lui aveva sotto la Maratona prima di Toro-Como sappiamo che sicuramente nel suo cuore c’è posto per noi.
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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