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GRANATA DALL'EUROPA

Sangue e anima

Sangue e anima - immagine 1
Una società senza anima granata non può rappresentare un popolo che fa della propria storia, dei propri valori e della propria epica le basi fondanti del proprio tifo
Michele Cercone Columnist 

Le forme di contestazione nei confronti della società si fanno sempre più intense e variegate. Nascondere la polvere sotto il tappeto ormai è impossibile. Al contrari, aver derubricato a fastidioso acufene il legittimo dissenso di decine di migliaia di tifosi non ha fatto che inasprire gli animi e acutizzarne il malcontento. La marcia di protesta che ha preceduto la gara con l'Atalanta ne è l'ennesima dimostrazione e la divertente coreografia inscenata all'interno dello stadio illustra bene quanto i tifosi tengano a far capire la loro opinione. Continuare a fare orecchie da mercante di fronte ad un malcontento così esteso e profondo sarebbe davvero difficile per chiunque. Eppure la società continua a vedere questo  radicatissimo dissenso come un semplice incidente di percorso, convinta che una serie di risultati positivi farà scemare la protesta. Proprio questo è l'elemento dirimente che va analizzato a fondo per capire quanto ormai sia incolmabile il solco che si è scavato tra il Torino FC e di sostenitori del Toro. I risultati sono di certo uno dei fattori delle dell'equazione che lega squadra e tifosi, ma non sono quello più importante. Alla mancanza di vittorie, soddisfazioni e trofei, noi granata siamo ormai  abituati. Se tifassimo Toro solamente per i risultati, sarebbero ben pochi i sostenitori granata rimasti. L'amore per il Torino ha poco a che vedere con quello che accade in campo, e moltissimo invece con quello che accade nella pancia e nell'animo di chi ha avuto in sorte il Toro come squadra del cuore. E' un sentimento impossibile da spiegare a chi non lo prova.

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Come sono sicuro sia successo a tanti tifosi-padri, prima o poi di fronte a gare sciagurate come quella con l'Atalanta ci si trova davanti alla domanda dei nostri figli: perché tifiamo questa squadra? Le risposte possibili sono tante, ma non c'è in realtà nessuna spiegazione razionale capace di spiegare cosa ci porti ad imporci tanta sofferenza. Al contrario di mio figlio, non ho mai dovuto pormi questo interrogativo: lungo la direttrice Mazzola, Pulici, Junior, Mondonico, correva la linea del sangue granata che spiegava senza parole concetti come Superga, il quarto d'ora granata, il tremendismo, e ripagava appieno la bellissima fatica di assistere ai pali di Amsterdam, ai derby di nervi, alle ingiustizie patite in campo e fuori. Di questa epica al Torino FC non è rimasto assolutamente nulla, e mentre noi tifosi continuiamo a trasmetterla ai nostri figli come un dovere quasi sacro, ci accorgiamo che chi dovrebbe sublimarla e incarnarla nella società e sul campo l'ha ormai dimenticata da un pezzo (se mai l'ha davvero conosciuta). A questa società (come alle tante che l'hanno preceduta dagli anni 90 in avanti) manca il sangue e l'anima granata che invece sono indispensabili per incarnare e portare avanti l'epos che ci caratterizza. La narrativa che viene proposta dalla società come giustificazione dei propri fallimenti (non è più il Toro degli anni 70 e nemmeno quello di Superga, i tempi sono cambiati e i gap di bilancio sono incolmabili) e' percepita dai tifosi (a ragione) come una sorta di insulto e di ammissione di impotenza che per i sostenitori si traduce in questi termini: il problema non è che non si può fare di più, ma che non si vuole o non si è capaci di farlo. Perché invece della linea difensiva: Bellanova, Bremer, Buongiorno, Zappacosta dobbiamo assistere allo scempio di Pederson, Coco, Masina, Biraghi? Si può anche capire che, come fanno tutte le società, i primi quattro siano serviti a fare un'inevitabile cassa, ma dove e come sono state spese quelle plusvalenze, e perché ci ritroviamo con un bilancio traballante e giocatori non all'altezza? Vent'anni sono un lungo periodo e un banco di prova più che sufficiente per giudicare l'operato di qualunque società calcistica, e alla prova dei fatti il Torino FC si è rivelato inadeguato a rappresentare e dare forma alle attese e alle legittime aspettative dei tifosi del Toro. Le esangui e poco belluine prestazioni con Inter e Atalanta sono l'ultimo dei problemi, e un filotto di vittorie servirebbe forse a ricucire il rapporto tra squadra e tifosi, ma non cambierebbe in nulla la presa di coscienza della stragrande maggioranza dei sostenitori del Toro: una società senza anima granata non può rappresentare un popolo che fa della propria storia, dei propri valori e della propria epica le basi fondanti del proprio tifo. La mitologia greca ci insegna che immergersi nel mito e volerne esserne l'incarnazione esige una trasformazione e una immedesimazione feroce: per incarnare il mito bisogna trascendere i propri limiti e mettersi al suo servizio. Per i tifosi il Toro è un luogo immaginario di anima e sangue che una società esanime e a sangue freddo non potrà mai incarnare.


Il Toro, il giornalismo e l'Europa da sempre nel cuore. Degli ultimi due ho fatto la mia professione principale; il primo rimane la mia grande passione. Inviato, corrispondente, poi portavoce e manager della comunicazione per Commissione e Parlamento Ue, mi occupo soprattutto di politica e affari europei. Da sempre appassionato di sport, mi sono concesso anche qualche interessante esperienza professionale nel mondo del calcio da responsabile della comunicazione di Casa Azzurri. Osservo con curiosità il mondo da Bruxelles, con il Toro nel cuore. Mi esprimo a titolo esclusivamente personale e totalmente gratuito.

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