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Assolutamente non sprovveduto, il mister ha perfettamente capito che l'ambiente è avvelenato dal rapporto ormai indissolubilmente incrinato ed incancrenito tra la piazza e la proprietà, ed ha capito che solo con l'appoggio dei tifosi può sperare di avere attorno a sé e alla squadra un ambiente sereno nel quale poter lavorare. La contestazione a Cairo è viva e vegeta e non si placherà affatto anche in futuro per cui Baroni sa che la squadra deve partire col piede giusto (sebbene il calendario in questo non aiuti affatto) perché sennò rischierebbe di ritrovarsi coinvolta nelle ire mai sopite dei tifosi granata. A differenza di Vanoli però, Baroni cerca di non fare il capopopolo: è di indole meno sanguigna rispetto al mister silurato a giugno da Cairo perché colpevole "di allenare i tifosi e non i giocatori" con le sue dichiarazioni, e questo lo aiuta, ma è anche sufficientemente intelligente da non azzardarsi a ripercorrere le sfortunate orme del collega che lo ha preceduto. È un mister "silenzioso" in questo senso e la cosa può essere positiva: meglio fare parlare i fatti, una regola aurea che tutti dovremmo seguire ognuno nella propria vita. Però il calcio non è una scienza esatta e l'essere in una società il cui presidente sposta bottigliette in maniera inconsulta durante un incontro con i giornalisti di certo non farebbe dormire sonni tranquilli a chi spera di avere le spalle coperte dalla dirigenza.
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Baroni è al Toro perché dopo la Lazio (e un presidente non certo facile come Lotito) questa era la sistemazione meno peggiore che potesse trovare per non uscire dal giro. E in più ha poco da perdere: la proprietà non gli chiede risultati e, in prospettiva di ricollocazione, il nome Torino fa ancora un certo effetto sul curriculum. Uno step a basso rischio e buona resa per il proprio futuro professionale dopo che l'ascesa sembrava essersi arrestata con quella sconfitta col Lecce all'ultima giornata della scorsa stagione. Il Gattopardo Cairo d'altronde aveva bisogno, dopo i "rivoluzionari" Juric e Vanoli, di un sottoposto più "tranquillo" e più aziendalista: nella sua politica del "che tutto cambi affinché non cambi nulla" un Baroni è sicuramente un profilo più adatto rispetto a qualche altro allenatore che magari ha anche la pretesa di fare risultati e di avere certi investimenti. Se poi ci fosse l'inciampo della conquista dell'Europa ci penserà come sempre il presidente a smontare scientificamente il giocattolo che ha funzionato troppo bene, depotenziandolo e portando a casa plusvalenze investendo il meno possibile. Un giochino rodato da più di un decennio e che permette al presidente di dormire tranquillo ogni stagione e di evitare quello che più teme di ogni altra cosa: tirare fuori soldi propri. E non ingannino gli arrivi di Simeone o Aboukhlal: se davanti la squadra sembra essersi rinforzata, non altrettanto si può dire della difesa. Come sempre la coperta al Toro è un po' cortina e se il mister di turno non si lamenta, eccolo qua, l'ennesimo capolavoro del Gattopardo....
Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.
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