E mentre la squadra si arrabatta alla ricerca di vitali punti salvezza, la notizia della morte di Dennis Law ci riporta con nostalgia ai tempi in cui al Torino transitavano campioni veri, in questo caso addirittura un (futuro) Pallone d'oro. Un Torino che si poteva permettere di trattare Bobby Charlton per poi virare sull'acquisto della talentuosa ala scozzese che, in coppia con Baker, fu protagonista di una entusiasmante quanto altalenante stagione in maglia granata a inizio anni Sessanta. Di Palloni d'oro a giocatori del Toro o transitati al Toro, se fosse già esistito il premio, avremmo visto sicuramente Valentino Mazzola, così come qualche chance di vincerlo l'avrebbero avuta i due Gigi, Meroni se il destino non lo avesse portato via troppo presto e pure Lentini se al Milan non fosse incappato in quell'incidente d'auto che gli costò, di fatto, una sicura carriera stellare. Perché il Torino è sempre stato questo: spesso ad un passo dalla gloria, raggiunta in alcuni casi, mancata in molti altri, ma sempre comunque cercata con voglia e determinazione anche nelle piccole grandi battaglie o quando non era alla sua portata sulla carta.
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Oggi viviamo di ricordi e, cosa molto più grave, di totale assenza di identità. Se sai chi sei puoi intraprendere il tuo cammino avendo ben chiara la tua "stella polare" da seguire a prescindere dalle difficoltà: non è detto che tu riesca a raggiungere i tuoi obbiettivi, né che tu sia immune da rovinose cadute, ma avrai sempre chiaro cosa fare per migliorarti o per rialzarti. Il Toro di oggi, invece, è un Toro svuotato di ogni significato e di ogni sua peculiarità, un Toro che viaggia senza una meta e senza una rotta. I mercati che conduce ne sono la lampante dimostrazione: attende l'occasione, quasi mai compra per volontà propria di arrivare a degli obbiettivi definiti e necessari, senza se e senza ma. Certo qualcuno dirà che tramontato il discorso del potenziale interessamento di Red Bull all'acquisto del club, non ci resta che tenerci Cairo e che è quindi inutile sottolinearne continuamente le mancanze, perché tanto questo abbiamo e questo ci dobbiamo tenere. Rispondo che, intanto, lottare anche solo per immaginare un futuro migliore di qualcosa che ci sta davvero a cuore (nella fattispecie il Toro) non è mai sbagliato: non c'è sconfitta nel cuore di chi lotta, recita uno slogan tanto caro a noi tifosi granata. Lottare per "riavere" il Toro è un dovere morale di ogni tifoso granata e non dovrebbe essere negoziabile.
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E poi non esiste solo la Red Bull!
Se si desse mandato ad un advisor qualunque di cercare un reale acquirente per il Torino sono certo che ci sarebbe la fila di soggetti interessati. Ci dovrebbe essere però alla base "la voglia" di vendere il Torino. Che se è la stessa sbandierata dal presidente per rafforzarlo, purtroppo non lascia molto spazio ad una vera ipotesi di cessione a breve termine. Ma non dobbiamo smettere di crederci e dobbiamo anche noi, come fa il presidente, fare muro di gomma su questo punto: il Torino potrà rinascere solo con un nuovo progetto che questa proprietà non è e non sarà mai in grado di ideare, né di sostenere. Dobbiamo quindi essere tutti uniti nel pretendere che ci sia un futuro diverso per il Toro e, cosa fondamentale, non dobbiamo mai rassegnarci all'idea che ciò non possa accadere. Tutto passa, tutto finisce, nessuno è eterno tranne la nostra fede, il nostro tifo e la voglia, quella vera, quella nostra, di non mollare mai.
Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.
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