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Limitandosi ad analizzare tale fenomeno solo in casa Toro, il caso più eclatante è stato sicuramente quello di Belotti che dopo 7 anni in granata non ha rinnovato il contratto per poter scegliere l'offerta migliore (e la piazza migliore) nella quale continuare la carriera. Tralasciando ogni considerazione sulla stagione del Gallo a Roma, quello che ci interessa è capire un aspetto fondamentale di questa vicenda: l'andare a scadenza è diventata un'arma di ricatto da parte dei calciatori per ottenere contratti al rialzo con il proprio club o, più molto più frequentemente, per monetizzare il proprio passaggio da una squadra ad un'altra. È chiaro come il sole che una situazione così diffusa come quella che si sta delineando in questi anni provoca un danno grave ai club che non possono più essere padroni di decidere le tempistiche con cui vendere un calciatore perché a due anni dalla fine del contratto già perdono forza al tavolo delle trattative, né possono pianificare investimenti di lunga durata perché giunti a metà della durata del contratto sono già costretti a rinnovare (al rialzo) o a cedere sul mercato il giocatore obtorto collo.
Tornando ai grattacapi di Vagnati, al momento sul suo tavolo ci sono due situazioni spinose preludio di un nuovo caso di parametro zero: Singo e Rodriguez. E se per lo svizzero, vuoi per età e per livello alto di ingaggio, la naturale scadenza del contratto può non essere un dramma, per l'esterno ivoriano una partenza a zero sarebbe di sicuro un brutto colpo per le casse del club. Senza considerare che in stagione siamo già rimasti "scottati", sebbene non in maniera grave dal punto di vista economico, ma grandemente dal punto di vista dell'orgoglio, dal mancato rinnovo di Adopo che infatti si è accasato a Bergamo dove sono mediamente bravi a prendere giocatori con un certo potenziale…
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Il problema dei parametri zero sta diventando un'emergenza che gli organi del calcio mondiale non possono non prendere in seria considerazione. Ed è un problema che fa parte di una questione ancora più grave e per la quale al momento non si è ancora trovato un rimedio: lo strapotere dei procuratori. Dietro ai giocatori a scadenza, infatti, ci sono torme di famelici procuratori che non vedono l'ora di incassare laute prebende per fare firmare i propri assistiti incamerando sotto forma di "commissione" una parte di ciò che i club non spendono alla voce cartellino.
È chiaro che la Fifa e le federazioni tipo l'Uefa debbono intervenire in maniera decisa e determinata per stroncare questo nuovo assurdo fenomeno che ingrassa la pancia dei procuratori e sbilancia ulteriormente verso i giocatori il rapporto di forza calciatore/club.
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Lamentarsi di qualcosa senza proporre un rimedio è lo sport nazionale italiano per cui nel mio piccolo voglio dare un contributo per sradicare questa nuova piaga di questo calcio sempre più malato. Credo che la soluzione al problema risieda nel riconoscimento al club da cui si svincola il calciatore di un indennizzo da calcolare secondo certi criteri. Uno di questi criteri potrebbe essere quello di chiedere al club per cui firma il giocatore un esborso pari all'ultima rata di ammortamento del contratto appena concluso: se, ad esempio, un giocatore acquistato per 10 milioni di euro con un contratto di 4 anni andasse a scadenza, il club che lo mette sotto contratto dovrebbe pagare al precedente club del giocatore 2,5 milioni di euro, cioè 10 milioni diviso 4 rate di ammortamento. In caso di prolungamento del contratto chiaramente l'indennizzo scenderebbe perché il divisore dell'ammortamento aumenterebbe del numero degli anni di prolungamento (quindi nel nostro caso per un rinnovo di un ulteriore anno i 10 milioni andrebbero divisi per 5 e quindi l'esborso finale sarebbe di soli 2 milioni e non 2,5).
Questo metodo non si potrebbe applicare ai giocatori del proprio vivaio "non acquistati" da un altro club: per questi occorrerebbe trovare un parametro in base alla categoria (serie A, B, C, ecc.) che garantisca comunque un indennizzo legato al numero di stagioni tra giovanili e prima squadra fatte dal calciatore che si libera a zero.
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Quali sarebbero, in definitiva, i vantaggi di un freno ai parametri zero? In primo luogo una tutela maggiore degli investimenti fatti sui cartellini dei giocatori, in secondo luogo, e per me che tifo Toro è l'aspetto più importante ancora, la diminuzione della tendenza dei calciatori (spesso spinti dai propri procuratori) a cambiare club "a prescindere". Nella mia visione ideale di football c'è una maggiore identificazione tra giocatori e maglia indossata, identificazione che è sicuramente più semplice e naturale quando la militanza in un certo club si prolunga di tanto nel tempo. Un calcio più equo significa un calcio più pulito e più vicino ai tifosi: la lotta ai "parametri zero" è una "crociata" giusta in questo senso. Ed io non voglio affatto rassegnarmi alla vittoria del business sul calcio.
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