Se Prima Squadra e Primavera si salveranno, Cairo avrà l'ennesima seconda possibilità di fare qualcosa "da Toro"
Mi ha sempre affascinato il rispetto che hanno gli americani verso il concetto di seconda opportunità: per una società come la loro così impregnata di valori puritani è normale che da un lato ci sia una forte condanna per il "peccatore" e dall'altro ci sia una grande spinta al riscatto, alla redenzione, alla seconda opportunità appunto. Se fossimo negli Stati Uniti, al presidente Cairo non so, però, quante seconde opportunità sarebbero state ancora concesse alla luce di quante ne ha letteralmente gettate dalla finestra. Per non parlare delle fortune e dei tesoretti di entusiasmo e credibilità di cui ha goduto in questi sedici anni. Ci pensavo quando ho letto la notizia della riforma del campionato Primavera, il cui passaggio da 16 a 18 squadre, di fatto, regalerà una salvezza miracolosa, quanto quasi insperata, ai ragazzi di Coppitelli. C'è stato un momento della stagione in cui il presidente Cairo si è ritrovato sull'orlo dell'abisso sportivo con la prima squadra e la Primavera con più di un piede nelle rispettive serie B. Grazie a Nicola, sebbene nulla sia ancora certo, e grazie al consiglio di Lega, le due squadre molto probabilmente si salveranno e Cairo avrà l'ennesima seconda chance di fare qualcosa "da Toro". Che poi si traduce con l'idea di provare a cominciare a gestire il Torino FC secondo i canoni e i valori che sono tanto cari ai tifosi granata. Un concetto che il presidente ha difeso strenuamente quando si è trattato di levare gli scudi contro quell'obbrobrio di Superlega, ma che poi in casa propria, nella cura del proprio "orticello", sembra disattendere costantemente. Il vivaio è da sempre orgoglio e linfa vitale per il Torino eppure in questi ultimi anni è stato progressivamente depauperato di risorse economiche ed umane che hanno portato ad un inaridimento della crescita del numero di prospetti giovani con possibilità di arrivare al salto nei professionisti.
La vicenda del Robaldo è il caso più eclatante di questo assurdo disinteresse di Cairo per il settore giovanile: già cinque anni per far partire la costruzione del nuovo centro sportivo sono un tempo inammissibile per una società professionistica che di strutture moderne ed efficienti ha necessità come l'acqua nel deserto, ma sentire che un ulteriore ritardo si sta verificando perché non ci si vuole accollare poche migliaia di euro di spesa per piantare qualche albero nel parco circostante è la classica goccia che fa traboccare il vaso. Le giovanili sono costrette a girovagare per campi spesso inadeguati di Torino e provincia e mentre si scialacquano milioni di euro per pagare stipendi assurdi a un gruppo di giocatori che da due anni langue nei bassifondi della Serie A, non si trovano poche migliaia di euro per scavalcare l'ennesimo intoppo burocratico e sbloccare una vicenda, quella del Robaldo, che può essere una svolta fondamentale per il futuro di tutto il vivaio. Inconcepibile. Se salvezza sarà con Nicola, ma io direi anche se malauguratamente non lo fosse, il presidente dovrebbe sfruttare questa ennesima seconda possibilità innanzitutto rinnovando il contratto al tecnico di Vigone con cui pianificare un lavoro che trasformi questa accozzaglia di giocatori ben remunerati, ma poco motivati e male assortiti, in una vera squadra e, soprattutto, mettendo mano alla struttura societaria cambiando ds e affiancando al nuovo arrivato una figura manageriale, che sia un direttore tecnico o un general manager, capace di gestire in maniera moderna e ricca di visione una società professionistica di alto livello.