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IL GRANATA DELLA PORTA ACCANTO

Torino FC, anno XXI era Cairo

Torino FC, anno XXI era Cairo - immagine 1
Il Granata della Porta Accanto/Siamo prigionieri di questa astuta narrazione dell'editore alessandrino per la quale "di più non si può fare"
Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 

Con l'amichevole contro l'Ingolstadt sono cominciati gli impegni agonistici della ventunesima stagione del Torino di Cairo. Se per quasi tutti i club la storia è un processo lineare di evoluzione attraverso diverse fasi, positive e negative dalla fondazione ai giorni nostri, per il Torino esiste una storia prima di Cairo e una storia con Cairo. Ciò che nacque nell'estate del 2005 sulle ceneri dell'AC Torino grazie ai lodisti e che poi fu trasferito a Cairo dopo la breve parentesi di Giovannone è un Torino diverso, un Torino che ha avuto la possibilità e l'entusiasmo necessario per raccogliere e riannodare il filo con il Torino portato al fallimento dal duo Romero-Cimminelli, ma che per scelta deliberata del suo patron ha invece iniziato un percorso di divergenza sempre più netta con i valori e la storia del "vero" Torino.

La ventunesima stagione di questo nuovo soggetto calcistico che noi romantici ci ostiniamo a chiamare Toro più per un atto nostalgico che per una vera attinenza e aderenza reale al Toro che tutti abbiamo in testa, si preannuncia sulla falsariga delle ultime dieci dimostrando ulteriormente che ormai il processo di degranatizzazione del Torino FC non solo è irreversibile, ma è inesorabilmente inarrestabile finché al comando della baracca ci sarà Urbano Cairo. Tutti i veli sulle sue reali intenzioni di cosa fare, o meglio, continuare a fare di questa creatura sempre più aliena ai desiderata dei tifosi sono caduti da tempo e ancorché ci vogliano fare credere che questo è "il migliore dei mondi possibili" sappiamo benissimo che così non è. Diceva benissimo Carmelo Pennisi nel suo penultimo Loquor qui su Toronews che Cairo con la scusa del fallimento, agitato come se fosse una bomba atomica esplosa sulle nostre teste, ci ha rinchiusi in un bunker dal quale non usciamo più per paura di essere ancora sotto l'effetto delle radiazioni "da fallimento". Siamo prigionieri di questa astuta narrazione dell'editore alessandrino per la quale "di più non si può fare" ed anzi "dobbiamo ringraziare di essere in serie A da tanti anni" perché questo era quello che gli chiedevano i tifosi nel 2005 quando lo invocavano sulle macerie fumanti dell' AC Torino.


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In vent'anni però il mondo è andato avanti, ma qua al Torino il tempo sembra che si sia fermato a quel fallimento: non si può fare di più, secondo Urbano Cairo, perché l'essere sopravvissuti è il massimo della ricompensa che ci meritiamo secondo il suo comodissimo punto di vista. Nel frattempo lui non ha praticamente tirato fuori un euro, né investito sul club, che, ricordiamolo, vive grazie ai soldi dei diritti TV e delle plusvalenze generate in questi anni, ma ha guadagnato visibilità e popolarità che in altro modo non avrebbe mai avuto in tale quantità. Non si può fare nulla è una narrazione facile per chi come Cairo è conscio che la maggioranza dei tifosi è vittima della sindrome di Stoccolma (legati al proprio aguzzino) e non si rende conto che altri presidenti come Commisso, De Laurentis, Percassi, Saputo o recentemente i fratelli Hartono a Como hanno dimostrato che invece "qualcosa si può fare", volendolo. Neanche la feroce contestazione di questo ultimo anno e la marcia dei Ventimila scalfiscono la sua tracotanza e la sua sicumera nel portare avanti i suoi affari in base alle proprie convenienze che nulla hanno a che vedere con le ambizioni che un club come il Torino dovrebbe avere. Inizia la XXI stagione e come in certi brutti periodi storici che utilizzavano questa numerazione per celebrare la propria storia anche noi speriamo che prima o poi ci sia una Liberazione ed un nuovo inizio.

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.

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