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Toro, gravissimo non ascoltare Pulici
Ci sono atleti, uomini, che sanno calarsi perfettamente nella mentalità e nell'ambiente delle squadre nelle quali militano, giocatori che creano un forte legame con il club, la maglia, la piazza. E poi ci sono dei miti. Pochi eletti che non solo rappresentano al meglio il club al quale appartengono, ma sono il club stesso in una commistione quasi mistica di anima e corpo. Paolino Pulici fa sicuramente parte di questa seconda, rara, specie: Pulici non rappresenta il Toro, Pulici è il Toro. Lui stesso non sa il perché, lui stesso spesso si chiede perché sia "capitato" a lui di diventare l'"eletto", colui nel quale un intero popolo di tifosi vede sintetizzati al meglio tutti quegli elementi che fanno del Torino il Toro. Eppure ancora oggi a 75 anni, Pulici è più di un'icona, più di un mito: è Pulici, ed ogni volta che apre bocca, ricorda a tutti con una semplicità quasi disarmante cosa siamo stati, cosa siamo e cosa dovremmo tornare ad essere.
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Quando Cairo ha preso il Toro ha portato i palloni che mancavano, certo, ma si è "dimenticato" di portare in società l'elemento che poteva fare la differenza più di ogni altra cosa: Paolino Pulici. Pupi aveva 55 anni allora, era un uomo maturo ancora nel pieno delle sue forze e avrebbe potuto mettere a disposizione del club ogni stilla del suo essere granata senza risparmiarsi, dando tutto sé stesso come ha sempre fatto per i nostri colori. Inoltre la sua indole schiva gli avrebbe fatto giocare un ruolo fondamentale nel trasmettere a chi arrivava (allenatori, Ds, giocatori, perfino fisioterapisti!) il DNA del Toro, ma non lo avrebbe mai spinto a voler stare sotto i riflettori dei media: sono certo che Pulici avrebbe voluto ricoprire un ruolo più di sostanza che di apparenza giacché la vanità è la cosa più lontana dal suo modo di essere. Ma qualcuno non lo ha capito ed ha disperso questo immenso capitale di tremendismo, questo prezioso tesoro di granatismo e questo inarrivabile scibile di conoscenza su cosa significa essere del Toro rappresentato da Puliciclone, come lo aveva soprannominato Brera. Tutti sappiamo perché Pulici non è mai stato chiamato ad avere un ruolo attivo nel Torino FC, società dove peraltro progressivamente sono spariti anche tutti gli altri ex.
Se scientificamente si è deciso quindi di tagliare col passato e con chi un passato in granata, più o meno importante, ce lo aveva, dopo vent'anni di risultati mediocri sarebbe doveroso, non dico ritornare sui propri passi, ma almeno ascoltare i consigli (disinteressati) dei vari ex. Pochi giorni fa ha parlato di nuovo proprio Pulici ed è grave continuare a sentire questo silenzio assordante da parte della società ogni volta che Paolino dice qualcosa nell'interesse del Toro. Ci vorrebbe un comunicato stampa da parte del Torino FC che reciti più o meno cosi: "Ringraziamo Pulici per quanto rappresenta nella storia del Toro e ci teniamo a fare sapere che faremo tesoro delle sue osservazioni con lo scopo ben preciso di far tornare il Toro ad essere tale". Questo ci vorrebbe! Perché se è vero che i tempi sono cambiati e non siamo più negli anni Settanta o Ottanta, è altrettanto vero che quello che dice Pulici sono due verità tanto semplici quanto lampanti: uno, ci vogliono uomini prima che giocatori e, due, occorre ritrovare lo spirito di identificazione tra giocatori, maglia e tifosi.
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Quindi in sostanza, comprare giocatori che abbiano uno spessore tale da poter affrontare tutte le difficoltà che una stagione presenta e ricreare un ambiente che sappia catechizzare a dovere su dove si è in modo che chi arriva sia spinto a sposare in toto la causa granata. Nel Toro di oggi questi due aspetti mancano, drammaticamente, entrambi. In rosa non ci sono leader, non ci sono giocatori con carattere e spessore, eccezion fatta forse solo per Zapata e Maripan. Gli altri sono tutti onesti mestieranti che ci mettono poco del loro e, soprattutto, che si nascondono quando insorgono le prime difficoltà. Pulici citava Ferrini come esempio che era servito a lui da giovanissimo per capire che occorreva essere uomini prima che giocatori per vestire degnamente la maglia del Toro. E poi, purtroppo, nel Toro di oggi non esiste uno zoccolo duro di dirigenti e giocatori che trasmetta ai nuovi venuti i valori del club. In parte anche perché questi valori nel club non ci sono più da tempo, ma sopravvivono solo tra i tifosi, unici depositari ormai della continuità ideale e ideologica del fu Toro. Gravissimo essere arrivati a questo punto e gravissimo non ascoltare chi, come Pulici, lo dice da sempre. Lavorare sui valori è un'attività che non costa, che non richiede soldi da investire. Dovrebbe essere musica per le orecchie di chi, in vent'anni, ha sempre detto che economicamente di più non poteva fare. Ecco, economicamente forse no, ma sotto altri aspetti poteva eccome...
Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.
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