C'è un dato statistico che, da solo, basterebbe a raccontare la dimensione del disastro andato in scena al Via del Mare. L'ultima volta che il Lecce aveva festeggiato una vittoria casalinga in Serie A era il 18 maggio 2025. Finì 1-0, gol di Ramadani. L'avversario? Il Toro.
La scossa granata
Toro, profondo rosso: a Lecce va in scena la vergogna di una squadra senza anima
Oggi la storia si ripete, come in una farsa, che però non fa ridere nessuno. I salentini, che in questa stagione non avevano mai vinto tra le mura amiche (raccogliendo la miseria di 3 pareggi e 3 sconfitte), trovano nel Toro l'ospite ideale per resuscitare. Finisce 2-1, ma il risultato è l'ultimo dei problemi in una giornata che segna il punto probabilmente più basso della gestione Baroni.
Il "capolavoro" al contrario di Baroni
—La lettura della partita di Baroni è stata, senza mezzi termini, una follia per la logica calcistica. Presentarsi a Lecce – contro una squadra terz'ultima in classifica e in crisi nera – con una formazione schierata palesemente per strappare uno scialbo 0-0, è inaccettabile. Una sola punta, baricentro basso e l'idea di speculare sul non-gioco.
Il risultato? Un castello difensivo di carta che crolla al primo soffio di vento. O meglio, in due minuti di follia. Il Toro incassa il primo gol, figlio di un'organizzazione tattica inesistente, e di Tameze che si fa surclassare, e prima ancora di capire cosa stia succedendo, prende il secondo. Qui entra in scena Pedersen, protagonista di una dormita colossale che spalanca la porta agli avversari. Due gol in due minuti dal secondo peggior attacco del campionato.
La reazione di Baroni è, se possibile, peggiore dell'approccio iniziale. Ci mette 15 minuti buoni per capire che bisogna cambiare, passando finalmente alle due punte. E, guarda caso, da quel momento il Lecce non esce più dalla propria area di rigore fino alla fine del primo tempo. Una prova schiacciante che la formazione iniziale era completamente sbagliata e che il piano partita è stato sconfessato dopo mezz'ora di nulla.
La difesa colabrodo e l'illusione svanita
—Le sei partite "dignitose" giocate in precedenza avevano illuso molti, chi scrive compreso. Sembrava esserci una base, un'identità. Invece, la sostanza è quella che vediamo oggi: questo Toro è scarso. Non ha un'idea di gioco, èsenza aggressività e non sa quasi mai reagire. Sul piano dell"organico lo gridiamo (e scriviamo) da agosto: manca almeno un centrale difensivo. La società ha scelto di non prenderlo e i nodi vengono al pettine. I numeri sono impietosi e drammatici: siamo la peggiore difesa della Serie A. Abbiamo subito 23 gol in 13 partite, una media spaventosa di quasi due reti a gara. Anche la classifica, ora, inizia ad essere pericolosa. Siamo a soli 4 punti dalla zona retrocessione. Guardarsi alle spalle non è più solo prudenza, è quanto meno giustificato. Se la difesa piange, il resto della squadra non ha nemmeno gli occhi per farlo. La fotografia del match, e forse dell'intera stagione, arriva al 88'. Calcio di rigore (sacrosanto) per il Toro, l'occasione insperata per agguantare un pareggio vitale. Sul dischetto va Asllani. Il suo tiro è un passaggio al portiere, una carezza a due all'ora senza cattiveria, senza qualità. Un rigore calciato con la paura addosso. Viene naturale chiedersi: con un Asllani così inconcludente (non solo per questo errore), perché Ilkhan viene lasciato costantemente a marcire in panchina? Perché non provarlo mai, nemmeno quando il centrocampo titolare annega nella mediocrità? Quella di Lecce è una sconfitta che brucia più delle altre. Perché non è arrivata contro una corazzata, ma contro una squadra che non vinceva da mesi. È arrivata attraverso errori tecnici elementari, cambi che hanno migliorato gli avversari e una confusione tattica totale. Baroni ha mostrato tutti i suoi limiti, la squadra tutta la sua fragilità. Oggi le cose sbagliate non si contano nemmeno. Dalla formazione rinunciataria iniziale, al troppo tempo trascorso per passare a due punte dopo il 2-0, agli altri cambi incomprensibili, al passaggio a 4 in difesa solo al 60", fino all'atteggiamento urticante del 2° tempo, quando bisognava aggredire con ferocia agonistica. Questo non è il Toro, e noi ci siamo stancati di essere umiliati. È una vergogna che deve finire.
Manager, docente Luiss, esperto di comunicazione e Public Affairs, giornalista pubblicista col cuore granata. Michelangelo Suigo è un autore che per chi è avvezzo al mondo della comunicazione, specialmente se legata all’imprenditoria, non ha bisogno di presentazioni. Chi volesse approfondire il suo sterminato curriculum può farlo sul sito di Inwit, azienda di cui ricopre attualmente il ruolo di EVP External Relations, Communication & Sustainability Director. Ma soprattutto, per quel che attiene a questa rubrica, Michelangelo è un orgoglioso e genuino tifoso granata.
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