00:40 min
toronews columnist lavagnetta granata Lavagnetta Granata: c’erano dubbi sul fallire il test sulla continuità?
Lavagnetta Granata

Lavagnetta Granata: c’erano dubbi sul fallire il test sulla continuità?

Riccardo Levi
L’ultima partita del 2025 granata si è conclusa con una sconfitta per 1-2 al Grande Torino con i padroni di casa che non solo hanno perso, ma si sono fatti ribaltare il risultato

Vorrei davvero fosse la prima volta, ma ormai è diventato un cliché: la squadra di Urbano Cairo fallisce puntualmente il passo più importante. Quella partita, sulla carta alla portata, che dovrebbe dare fiducia e continuità rispettivamente a tifosi e squadra, viene invece persa miserabilmente, senza mai mostrare un reale segnale di reazione. O, meglio ancora, senza mostrare nulla che possa definirsi davvero “DA TORO”.

Un riassunto del periodo

—  

Il periodo recente del Torino sembrava aver finalmente offerto una risposta alla domanda sulla continuità. Le due vittorie consecutive contro Cremonese e Sassuolo avevano restituito ossigeno ma soprattutto fiducia visti gli alti e bassi della stagione. E invece, come troppo spesso accade, il Toro ha fallito il test più semplice e allo stesso tempo più importante: confermarsi. Una sconfitta che non pesa solo per il risultato, ma per il modo in cui è arrivata, perché certifica l’ennesima occasione sprecata per dare seguito a quanto di buono si era intravisto.

Ed è qui che emerge il nodo centrale: il gioco. A stagione ormai ben avviata, il Torino resta una squadra incompleta dal punto di vista della manovra. Non manca qualche idea, ma manca la fluidità, manca proprio la continuità nell’esecuzione. Il gioco esiste solo a tratti, poi quando funziona gira anche bene, ma ancora una volta, questa volta nella partita, manca la continuità. La squadra non riesce a sostenere il proprio calcio nell’arco dei novanta minuti e finisce per spegnersi, per non parlare di come si perda completamente tutto ciò che si era costruito nei minuti precedenti nel momento in cui si subisce gol o si vada negli spogliatoi. Alla questione gioco va aggiunto poi il discorso sugli esterni. A sinistra, con Lazaro, il Torino è di fatto sterile e non si riesce a creare assolutamente nulla. Il gioco si sposta così quasi esclusivamente a destra, dove però l’esterno di riferimento è Pedersen: un giocatore generoso e applicato, ma che non può certo garantire l’impatto e la qualità del predecessore Bellanova. Il risultato è una manovra sbilanciata, leggibile, che finisce per limitare ulteriormente una squadra già fragile dal punto di vista della costruzione.

A chiudere il quadro, come una costante ormai tristemente nota, c’è la gestione delle palle inattive difensive. Ogni piazzato concesso diventa una situazione di pericolo e non è più possibile parlare di episodi. È un problema strutturale, evidente agli occhi di tutti, che continua a vanificare quel poco di buono che il Torino riesce a costruire durante la partita.

Uno sguardo inevitabile al futuro

—  

E anche questa volta, nonostante sia solo metà stagione, lo sguardo non può che spostarsi nella speranza di un mercato futuro. Sarà interessante capire come si muoverà il “nuovo” DS granata Petrachi, ma soprattutto quale impronta vorrà dare alla rosa che oggi appare poco funzionale a qualsiasi idea di continuità. Gennaio potrà forse correggere alcune lacune evidenti, ma è difficile pensare che possa cambiare radicalmente il volto di una stagione che sembra già indirizzata. La sensazione, sempre più forte, è che ancora una volta questa annata sia una transizione risultata da un mercato fallimentare di partenza. Una prospettiva amara, ma che fotografa con onestà la realtà di questo Torino.