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Lavagnetta Granata: Torino-Genoa, un successo che vale più dei tre punti
“A me le soddisfazioni più belle nella carriera le hanno date giocatori che o non giocavano o non venivano considerati”.
Queste le belle parole del mister Marco Baroni in conferenza stampa al termine della partita, da non lasciar passare inosservate. Sono diversi anni che la tifoseria si rammarica per quel tanto invocato “salto di qualità” mai avvenuto, ma questa volta sembra diverso: dal punto di vista della coesione e mentalità il mister sta finalmente trovando la quadra. Quest’anno, infatti, sono diversi i giocatori che, nonostante il poco minutaggio, hanno sempre risposto presente nel momento di necessità. All’interno dello spogliatoio poi si sta finalmente trovando serenità dopo anni di tensione continua. Sono consapevole che da qui all’effettivo step successivo mancano ancora diversi mattoni ma aver finalmente gettato le fondamenta, specialmente così presto nella stagione, può essere un segnale di svolta definitiva.
Prima di entrare nel vivo della cronaca, una curiosità è doverosa: a due settimane dall’anniversario della scomparsa della “farfalla granata” Gigi Meroni, motivo per cui le tifoserie di Torino e Genoa sono gemellate, il calendario mette di fronte proprio queste due squadre all’Olimpico. Un legame che oltrepassati i confini italiani risulta utopico, se si pensa che il Toro è legato da un rapporto di “Eterna Amistad” con il River Plate (omaggiato anche dall’ultima terza maglia) mentre il Grifone è storicamente gemellato con i loro acerrimi rivali del Superclásico, il Boca Juniors.
Arrivati poi a domenica 26 ottobre 2025 alle 12:30, è pronto col fischietto in bocca l’arbitro Bonacina per dare il via a Torino-Genoa. Partita che si mette subito in salita per i padroni di casa che, dopo neanche sette minuti ed uno “svirgolone” difensivo di Asllani, si ritrovano a dover inseguire. I minuti passano e la partita, anche per merito dei Rossoblù, non riesce mai a prendere ritmo. Il Torino ci prova con anche diverse azioni corali ma essendo troppo sconnesse fra loro difficilmente diventavano pericolose. Il primo tempo si concluderà infatti con 3 statistiche emblematiche: il 60% di possesso palla a favore del Toro può essere “fuorviante” se non unito al fatto che il Genoa è arrivato all’intervallo in vantaggio 4 a 3 sui tiri e che quel 60% nostro sia composto al 35% da tocchi dei tre centrali di difesa e di quest’ultimi il 75% sono avvenuti nella nostra metà di campo…
Nella ripresa però ecco che vediamo tutt’altra partita. Il pallone inizia finalmente a girare in maniera più intelligente ed iniziano ad arrivare in maniera costante anche cross nell’area di rigore, sarà Leali infatti, a parer mio, il migliore dei suoi. Al minuto sessanta però arriva la vera svolta coi cambi: l’uscita di Asllani che non era in partita, l’ingresso di Ismajli a completare il reparto difensivo, Lazaro per Biraghi ma soprattutto l’ingresso in campo di Ngonge che, come ha detto giustamente in telecronaca Brocchi, “è l’unico che oggi è in grado di accendere la miccia alla squadra”. Guardando la partita il suo impatto è evidente: 27 tocchi conditi da 10 passaggi completati e 2 tiri nello specchio della porta su cui Leali deve compiere dei veri e propri miracoli. Nell’ultima mezz’ora di gioco poi è degna di nota l’intesa avuta dal belga con Pedersen: in occasione del primo gol sono proprio loro due a scambiarsi il pallone con il norvegese che offre il cross che porta all’autogol mentre in occasione del secondo sono proprio loro due a propiziarsi il corner. Pedersen ha sicuramente diversi limiti tecnici e tattici ma se al suo fianco gli viene messo un giocatore dalla sublime qualità come Ngonge ecco che anche lui si trova nella miglior condizione possibile tale da rendersi pericoloso. Come i minuti passano il Toro si fa sempre più insistente e, con l’aumentare dei cross (le statistiche a fine partita leggono 33 cross con 9 calci d’angolo) al novantesimo arriva l’inevitabile: è infatti Maripán sugli sviluppi di un corner a regalare il gol vittoria al Torino.
Seppur non abbia vinto il premio di migliore in campo è necessaria una menzione d’onore per il portiere granata: nei minuti finali del recupero sono provvidenziali le sue parate su Ekuban prima e su Cornet poi, mettendo i guantoni sui tre punti. E come disse Joe Hart nella sua esperienza al Toro: “Peccato per le mancate lenzuola pulite ma ciò che conta sono i tre punti” (usando la traduzione letterale di clean sheet invece di dire “a reti bianche” o “porta inviolata”).
È giusto ed inevitabile farsi trasportare dalle emozioni dopo queste ultime giornate ma bisogna sempre ricordarsi che la strada è ancora lunga. Nonostante i tre punti la partita di oggi ha fatto emergere anche note negative non indifferenti. Tatticamente parlando il centrocampo, in una partita fisica come questa, patisce molto ed in fase di costruzione veniva tendenzialmente “scavalcato” da passaggi diretti e scambi fra gli esterni e le due punte. Questo assetto non è propriamente negativo ma in situazioni come questa sono necessari allora inserimenti fra le linee per scompigliare le difese che purtroppo non si sono molto visti. A livello individuale era apparente la mancanza di personalità e, salvo qualche guizzo di Vlašić, il centrocampo è stato offensivamente nullo. Non ci si può aspettare che la squadra cambi da un giorno all’altro ed è proprio per questo da non sottovalutare l’importanza di questo turno infrasettimanale. La partita col Bologna prima e con il Pisa poi saranno due test sicuramente di tenuta fisica ma soprattutto mentali: il derby è alle porte e, per quanto contino i risultati, è impensabile poter fare un buon campionato se si dovesse scendere in campo come nel primo tempo contro il Genoa.
Il successo, però, non è solo una vittoria di carattere, ma un segnale di maturità. Vincere una partita così complicata, ribaltando lo svantaggio iniziale e dimostrando di saper soffrire, è il passo che distingue le squadre in crescita da quelle destinate a restare nel limbo. Il dato parla chiaro: con questa partita, il Torino ha evitato la sconfitta in 41 degli ultimi 42 incontri casalinghi contro il Genoa in Serie A. Ma i numeri servono a poco se non diventano abitudine e consapevolezza nel presente: ora servirà confermarsi, perché solo dando continuità al tutto si potrà davvero parlare di “passo avanti”.
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