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Ti confino al salotto di casa e ti riempio anche di debiti: un capolavoro. La tragicommedia in scena a Lecco è figlia dello stare perennemente in mezzo al guado della post modernità italica, convinta di potersi sedere al tavolo del business finanziario mantenendo intatta la verginità della costruzione socio/economica fatta,a partire dal dopoguerra, dall’incontro tra il cattolicesimo liberale di Don Sturzo e le “Case del Popolo” del più grande Partito Comunista al di qua del Muro. Gli italiani vorrebbero rimanere in sospensione tra il totalitarismo del neo liberismo e la bambagia rassicurante del metamondo disegnato da Giovanni Guareschi in “Peppone e Don Camillo”. Ma tutto cambia, si evolve in altro e chiede conti impossibili da pagare a chi non è disposto a sedersi al tavolo del futuro con le giuste credenziali. Dalle nostre parti si fa fatica a comprendere come il merito sportivo conquistato sul campo non sia il solo criterio per poter giocare nelle massime leghe professionali del calcio, ci vogliono anche le strutture adeguate, “case” adatte per accogliere un evento dove ormai la tecnologia la fa da padrona(Var, piattaforme tv, ecc…). Inutile andare in Serie B senza aver previsto queste cose, e poi scatenare una cagnara infernale sul merito sportivo disatteso. Ma sulla questione stadio di proprietà la palma per la migliore faccia di bronzo spetta a buon diritto a Urbano Cairo, Aurelio De Laurentiis e Claudio Lotito. Il presidente del Napoli, dopo aver millantato per anni di una costruzione di uno stadio per soli ventimila selezionati tifosi(una sorta del romano “Circolo Aniene”, a lui molto caro, ricostruito per i tifosi azzurri), ora pretende dal comune una concessione di 99 anni per il “Maradona”, per farlo vivere 7 giorni su 7 “e farci anche le Prime Comunioni”.
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Non siamo al delirio, siamo quasi alla bestemmia e al non sapere proprio di cosa si stia parlando e si pretenda. E’ la sagra delle parole sparate a caso, convinti di come tanto nessuno farà di conto su quanto detto, ennesima iperbole di uno Stato malandato sin dalla testa della sua classe dirigente. Tutto è occasione di commercio, e non ci si cura nemmeno di nasconderlo per decenza e rispetto del calcio e dell’amore dei suoi tifosi. Claudio Lotito, un altro illustre esponente del “generone” romano, continua la sua commedia intorno allo “Stadio Flaminio”, annunciando a cicli regolari come possa “diventare presto la casa della Lazio”(il concetto di “presto” del presidente biancoceleste è spalmato su innumerevoli anni, come i debiti che continua a pagare all’Agenzia delle Entrate). Questionare attorno ad Urbano Cairo riguardo al suo impegno nel calcio è un po’ come sparare sulla croce rossa. Il metodo è quello berlusconiano, spararla grossa per dare la sensazione all’opinione pubblica di essere sempre in procinto di fare qualcosa di importante e storico(ricordate “il mio Governo sconfiggerà il cancro in tre anni” del recentemente scomparso fondatore di “Forza Italia? Ecco, quello). Il Presidente del Torino è in tutta evidenza, nel calcio, una copia in sedicesimo di Berlusconi, essendo sideralmente lontano, con il Toro, dai fasti del grande Milan di Arrigo Sacchi, Fabio Capello e Carlo Ancellotti. Ma lui, l’Urbano, ci tiene a darti la sensazione che domani sarà migliore di ieri, perché prima o poi l’asso scivolerà dalla sua manica e allora la mano di poker sarà sua. Nel mentre deve trovare estremamente divertente prima annunciare di volersi sedere attorno ad un tavolo con il sindaco di Torino per disegnare un piano di acquisizione dello “Stadio Olimpico” per poi, dopo un paio di settimane, dire queste testuali parole.
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“non abbiamo parlato seriamente di acquisto dello stadio. C’è una grande ipoteca e non credo sia possibile”. In parole povere i giornali(compresi i suoi) per due settimane hanno questionato su delle “puttanate”. De Laurentiis, Lotito e Cairo personalmente mi divertono(perdonatemi: a volte ognuno è costretto a ridere come può), e sono l’esatta rappresentazione di come all’estero vedono noi italiani(mi astengo da definire meglio questa cosa, visto come sono piuttosto allergico alle querele. Ma chi vuole capire, capisca). La verità, come suddetto, è che i nostri tre eroi vorrebbero sì lo stadio di proprietà, ma sotto forma di regalia dello Stato. Una parte della nostra classe imprenditoriale ha sempre ragionato con questo metro, e non oso pensare cosa si stia combinando con i fondi del PNRR. Ma questa è un’altra faccenda. L’idea di voler entrare nel mercato del neo liberismo con i metodi del “Gatto e la Volpe” di Carlo Collodi fa capire la tragedia socio/economico/culturale in cui è piombata l’Italia. E’ trasformare in burla Milton Friedman e Friedrich von Hayek, continuare a millantare di voler giocare con le loro regole, e poi tutti a guardarsi stupiti sul peggioramento dei nostri conti pubblici, sulla scarsa produttività del lavoro, sul Paese a impoverimento progressivo. Ma che importa in fondo, si vinca “o scudetto” e si sparino fuochi d’artificio ad oltranza, si venga in Serie B senza porsi il problema di uno stadio regolamentare su cui giocare. Siamo tra il genio comico di Totò e il paradosso amaro di Monicelli. In mezzo ci sono gli italiani, con l’attitudine alla sodomizzazione abbracciata con entusiasmo. Tanto se nessuno ha pensato a costruire degli argini ai fiumi, ci sarà sempre un cambiamento climatico da incolpare e zone “ztl” da instaurare. Avanti, quindi, fino al prossimo colpo di scena. E che la farsa continui.
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino. Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.
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