Per una società come il Torino, il problema non è cedere alcuni dei giocatori migliori. Il player trading al giorno d’oggi è un fattore chiave per aumentare la competitività di una squadra e trovare plusvalenze giuste è fondamentale per crescere. Il tema vero è cosa si fa con i soldi che arrivano da queste cessioni: chi parte va sostituito al meglio, utilizzando visione e coraggio per prendere giocatori che in prospettiva possano rendere ancora più di chi ha salutato.

EDITORIALE
Il problema non sono le cessioni
Il Torino, in questo mercato, era chiamato proprio a utilizzare i proventi delle cessioni annunciate di Ricci e Milinkovic-Savic per cambiare decisamente volto a una squadra che negli ultimi mesi della scorsa stagione aveva profondamente deluso sul piano tecnico ma soprattutto su quello morale. Al termine del mercato sono otto i volti nuovi, di cui probabilmente tre titolari (Nkounkou, Asllani e Simeone). Le tempistiche sono state migliori del solito (solo due di questi otto giocatori sono arrivati nell’ultima giornata di mercato) ma si è sostanzialmente deciso di posticipare gli investimenti al 2026 utilizzando nella maggior parte dei casi la formula del prestito con diritto o obbligo di riscatto; l’unica spesa significativa di questa estate è stata per Aboukhlal, giocatore che sta avendo un impatto col calcio italiano più difficoltoso del previsto. L’auspicio è che possa inserirsi al meglio, ma ad oggi sarebbe stato preferibile puntare sul riscatto di Elmas, che costava di più ma dava chiare garanzie (e non a caso è tornato nella squadra campione d’Italia).
Numericamente la rosa è adeguata in ogni reparto tranne per ciò che riguarda i difensori centrali, coloro che sono maggiormente esposti a squalifiche; non considerando Schuurs e Sazonov, mai coinvolto fin qui, ci sono quattro elementi di cui uno spesso è vittima di problemi muscolari (Ismajli) e due potrebbero salutare per un mese in inverno a causa della Coppa d’Africa (Masina e Coco). Qualitativamente, sulla carta, ci sono buone risorse da centrocampo in su - contando con fiducia sulla crescita di Casadei e sul recupero completo di Zapata, che restano però incognite - ma abbiamo qualche dubbio in difesa e sulle corsie, anche a destra, dove ci sono tre giocatori come Lazaro, Pedersen e Dembele, che per diversi motivi non sono delle certezze.
A incidere sull’estate granata è stato poi il pasticcio a livello di idee e programmazione; si è partiti facendo ragionamenti su un modulo (il 4-2-3-1) per poi, ad agosto inoltrato, comprendere che non era sostenibile. Così ad inizio campionato la squadra è arrivata senza un’identità tecnico-tattica precisa. C’è tempo per lavorare ma farlo a campionato in corso è più difficile. A Marco Baroni, persona intelligente e tecnico preparato, il compito di portare questa squadra a fare meglio dello scorso anno, unico obiettivo che ad oggi sembra realizzabile.
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