Contro un’Atalanta reduce da un ko netto in Champions League, priva di alcuni pezzi da novanta e danneggiata pure da due infortuni nella prima mezz’ora di gioco, il Torino aveva una buona occasione. C’era la possibilità di seminare dubbi nella testa dell’avversario, si potevano insomma fiutare i presupposti per dare continuità alla vittoria di Roma. Questo è quanto avrebbe fatto una squadra vera, una squadra con un’identità caratteriale. Ma il Torino ad oggi non si può definire tale. Il problema principale, evidentemente, è nell’atteggiamento. Perché si può perdere contro una squadra più forte, ma è inconcepibile mollare dopo un gol preso, inammissibile andare in bambola al primo episodio negativo. Va constatato che la stessa cosa è accaduta contro l’Inter alla prima giornata. Di conseguenza, è naturale pensare che quella partita non possa essere ricondotta ad un semplice episodio: più facile definire tale la vittoria contro la Roma. Vero, allo stadio si respira un clima surreale, ma ciò non può rappresentare un alibi per chi va in campo, che in certe situazioni è chiamato a raddoppiare gli sforzi per andare oltre alle difficoltà. Il Toro di oggi è senza dubbio figlio di un’estate in cui a farla da padrone è stata la confusione e a dimostrarlo c’è il fatto che, da inizio stagione a oggi, Baroni ha già cambiato tre moduli. Se chi è al timone non ha le idee chiare, che non le abbiano nemmeno i giocatori è consequenziale. Ora due partite fondamentali, in Coppa Italia contro il Pisa e in trasferta contro il Parma. Baroni è chiamato a dimostrare di poter prendere in mano la situazione, prima che la salita si faccia ancora più ripida.
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