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Lo sport è anche atmosfera esistenziale, specie quando gareggiano le nazionali, ed è difficile capire quale sarà lo stato d’animo dei giocatori israeliani che scenderanno in campo contro gli Azzurri ad ottobre. Ed è ancora più difficile immaginare con quale spirito gli italiani assisteranno allo stadio alle gesta della partita. Forse è questo che Abodi non sta capendo, non sta tenendo in giusta considerazione lo stato emotivo dell’opinione pubblica italiana, oggettivamente scioccata su quanto in questo momento sta accadendo a Gaza. È quasi impossibile creare una empatia sportiva con chi in questo momento si rifiuta di consentire ad un intero popolo di sfamarsi. Siamo esseri umani, travolti e coinvolti dalle notizie, come possiamo accettare una cosa del genere? Non esiste una ragione accettabile per questo, nessun orizzonte fatto di umanità può accettarlo. Ogni volta che lo sport si arrende al "the show must go on", perde la sua ragion d’essere, proprio perché esso è un potente mezzo di proiezione collettiva dove si rileggono e si incanalano pulsioni e passioni. Lo sport è la trama dei nostri sogni e delle nostre debolezze, è una mano tesa per stringerne un’altra, non è uno spettacolo da fare andare avanti ad ogni costo. E quando non si può proprio evitare che lo spettacolo continui, allora bisognerebbe stare attenti all’utilizzo delle parole, cercando di individuare esercizi semantici di pace e di inclusione. Oppure è preferibile scegliere la strada del silenzio. Tra l’altro, visto il già detto particolare clima emotivo, non sono da escludere delle gradinate quasi vuote all’appuntamento di ottobre. A quel punto saremmo davanti ad una sconfitta epocale dello sport, e con una incredibile protesta da segnalare con il circolino rosso sui libri di storia. Questo si sta rischiando.
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È di pochi giorni fa la clamorosa rivolta dei tifosi del Fortuna Dusseldorf, contro l’ingaggio dell’attaccante israeliano Shon Weissman, protagonista di messaggi sui social tipo "Cancellare Gaza dalla mappa" e "sganciare 200 tonnellate di bombe sulla Striscia". L’affare era concluso e il giocatore aveva superato le visite mediche: tutto era pronto per la firma del contratto. Poi è arrivata improvvisamente la nota del club: "abbiamo studiato il profilo del giocatore, ma alla fine abbiamo deciso di non prenderlo". Nella replica di Weissman, un goffo tentativo di scuse, emerge il problema in tutte le sue contraddizioni: "pur accettando tutte le critiche, mi spiace che non sia stato preso in considerazione il contesto generale… alla fine dei conti, una persona sarà sempre al fianco del proprio Paese. Indipendentemente da tutto". Ho sempre trovato poco comprensibile, e assai poco etico, l’ostinazione dei Paesi belligeranti di continuare a voler partecipare a manifestazioni sportive. Lo sport se non ha il potere di "trattenere le mani", allora non è più sport. L’11 giugno del 1993 Serbia e Croazia, in piena guerra civile, "fermano le mani" per un giorno per onorare i funerali di Drazen Petrovic, il più forte cestista mai venuto al mondo nei Balcani, per anni simbolo di una nazione intera. Lo sport deve avere questa forza etico/morale di ricordare l’esistenza di limiti insuperabili, persino alla ferocia. "Ritengo che la ricostruzione dei rapporti e delle prospettive debba partire dal riconoscimento dei fatti", ha detto Abodi, ma tutto ciò c’entra poco con le sue mansioni di Ministro dello Sport, non abilitato ad avere un carattere politico proprio per la natura inclusiva dei temi a lui affidati dalla attuale Premier, unica ad aver titolo, vista la straordinarietà e la delicatezza degli accadimenti nella Striscia di Gaza, eventualmente a prendere una posizione politica nel nome anche delle istituzioni dello sport. C’è da augurarsi una situazione migliore, almeno di tregua, ad ottobre, per poter almeno sperare un punto di ripartenza in quelle terre martoriate. Lo sport faccia il suo, dove può e dove deve. Esondare da questo non gli ha mai portato bene nella storia.
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
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