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Di fronte al tentativo dell’ufficiale della Gestapo che gli richiedeva una manifestazione di pentimento, almeno per rispetto dei soldati caduti a Stalingrado (solo chi conosce il significato e il valore dell’heimat tedesco può capire la perfidia insita nella richiesta), lei aveva risposto con la fierezza e la tranquillità dei giusti: "Credo di aver fatto la miglior cosa per il mio popolo e per tutti gli uomini. Non mi pento di nulla e mi assumo la pena". Gli anni '30 del secolo scorso sono stati un periodo storico che ha richiesto molto ai giovani di quel tempo, nel fare soprattutto scelte di campo dalle conseguenze sovente drammatiche ma davanti alle quali non ci si poteva tirare indietro. Neri è un giovane coscienzioso, e risparmia tutto quel che può sull’ingaggio da calciatore, non spropositato come quelli di oggi ma comunque più alto degli stipendi dell’epoca, tanto da riuscire a comprare a Faenza, sua città natale, un appezzamento di terreno e a contribuire ad acquistare un appartamento per la sua famiglia. Ricerca la frequentazione e l’amicizia di artisti e scrittori, si appassiona all’arte e le testimonianze lo ricordano come un giovane mai banale nell’esporre la sua personalità. L’inizio della decade degli anni '30 sono tempi difficili per tutti coloro inclini a credere all’idea che sia la giustizia a dover prevalere, Mussolini è all’apogeo del suo successo personale e nel 1932 arriverà a scrivere, senza scandalo per nessuno, una esaltazione della sua azione politica in “Dottrina del Fascismo”: "Un partito che governa totalitariamente una nazione è un fatto nuovo nella storia. Non sono possibili riferimenti o confronti". In realtà c’è già stata la “Rivoluzione Bolscevica” del 1917 ad inaugurare il totalitarismo del partito unico a guida di una nazione, ma a Mussolini piaceva l’idea di incarnare se stesso non solo come “uomo del destino” ma come “uomo della storia”. Pur di far passare questo concetto di sé, non disdegnava di lambire i confini del ridicolo. Neri, dopo aver trascorso gran parte della sua carriera alla Fiorentina e alla Lucchese, arriva al Torino nel 1937 con il preciso compito, nell’idea della dirigenza granata, di crescere e dare esperienza a dei giovani atleti che stanno andando a comporre la genesi del Grande Torino dell’immediato dopoguerra. Anche nel capoluogo piemontese diventa presto un punto di riferimento per giornalisti, scrittori e mercanti d’arte, ed è l’unico giocatore del Toro a cui è permesso far visita ai giocatori della Juventus, tale è ammirata e considerata la sua statura umana e morale.
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La guerra fa terminare, come per molti, la sua carriera sportiva e lo fa ritirare nella sua Faenza. Poi verrà arruolato nell’esercito come soldato semplice. Dopo l’armistizio dell’8 settembre, coerente con la famosa foto del 1931 allo stadio di Firenze, si unisce ai partigiani del “Battaglione Ravenna”, fino al tragico giorno del 10 luglio del 1944 dove, durante una perlustrazione intorno all’eremo di Gamogna, trovò la morte insieme ad un suo compagno, Vittorio Bellenghi (che era stato un buon giocatore di basket), per mano di un drappello di soldati tedeschi. Così racconta un passaggio della relazione del comandante partigiano Vincenzo Lega: "Lo spettacolo che si presentò ai nostri occhi era straziante in quanto i corpi dei nostri poveri compagni presentavano orrende mutilazioni prodotte con arma da taglio, il che significava che la rabbia nemica si era selvaggiamente sfogata mentre forse, benché agonizzanti, erano ancora in vita". Così si moriva nell’Italia del 1944, così due sportivi diedero il loro estremo contributo per dare senso e onore alla ricostruzione del Paese dalle macerie del fascismo in procinto di avvenire. Il lavoro per la costruzione del “Grande Torino” fu benedetto dalla personalità e dalla competenza di Bruno Neri, e la squadra capitanata da Valentino Mazzola sarà poi il segnale più fulgido della rinascita del Paese, consegnando il Toro alla storia nobile e condivisa della nostra Repubblica come suo patrimonio inestimabile. La foto di Neri del 1931 allo stadio di Firenze è l’urlo propagato nel tempo di tutti gli uomini giusti, è memoria tangibile onorata e intoccabile della nostra Italia, è la prova concreta che tutti noi possiamo essere migliori di come sovente ci rappresentiamo. Possiamo e dobbiamo ogni volta che siamo chiamati a scegliere, come ci ricordano queste ultime splendide parole di Sophie Scholl: "È una giornata di sole così bella, e devo andare, ma che importa la mia morte, se attraverso di noi migliaia di persone sono risvegliate e suscitate all’azione?" Non dobbiamo dimenticare Bruno Neri. Non dobbiamo dimenticare.
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Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
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