Toro News
I migliori video scelti dal nostro canale

tor columnist loquor Buffon e gli scudetti revocati alla Juventus

Loquor

Buffon e gli scudetti revocati alla Juventus

Buffon e gli scudetti revocati alla Juventus - immagine 1
Nuovo episodio di "Loquor", la rubrica su Toro News di Carmelo Pennisi: "No, non si può perdonare l’iniquo e la sua iniquità, non si può accettare la sua reiterata impunità"
Carmelo Pennisi
Carmelo Pennisi Columnist 

“L’intelligenza, questo strumento

finito in mano agli stupidi”

Roberto Bazlen

La legge è l’aspirazione umana di trovare ristoro alle nostre contraddizioni e alle nostre ingiustizie. In cuor nostro, quando siamo soli davanti ad uno specchio, sappiamo fin troppo bene fino a quale punto, o per inclinazione caratteriale o per ambizione, potremmo essere capaci di spingerci verso l’ingiustizia. È la sfiducia verso noi stessi a farci desiderare un complesso di norme con almeno la capacità di riportare ordine. Ogni volta che ci facciamo beffe di tale sentimento, ogni qual volta mentiamo anche fosse per farci sentire bene per un attimo, apriamo le porte al decadimento di ogni ordine morale ed etico. Nel difendere il “bottino”, fosse di denaro o di gloria, si rinnova la “Storia della Colonna Infame” manzoniana, con tutti i suoi interrogativi sulla responsabilità morale, il potere, il diritto.

Si può perdonare il ladro e finanche l’assassino, si può perdonare l’equivoco e finanche la soverchia del potere, ma non si può perdonare l’iniquità. Essa fa proseliti del suo errore nel tempo, rimodellando la storia nel dubbio e nella mistificazione. No, non si può perdonare l’iniquo e la sua iniquità, non si può accettare la sua reiterata impunità. Gianluigi Buffon ha avuto vent’anni, o poco meno, per ravvedersi, per mostrare compassione per un gioco umiliato e terrorizzato dai suoi dirigenti, per mostrare un rispetto per quella legge che impedisce il discredito totale della fallace natura umana. Vent’anni sono tanti per maturare, per guardarsi infinite volte allo specchio e decidere di rispettare così il ruolo di personaggio pubblico che impone decoro nelle idee e nelle intenzioni. Se sei Capo Delegazione della nazionale di Calcio, titolo roboante e di importante rappresentanza, non puoi comportarti come un qualunque Fedez della situazione, che confessa nel suo podcast di essere orgoglioso di aver dato alle fiamme, nel 2007 un centro sociale di destra: “un movimento per cambiare le cose deve essere violento, le bombe… prima ad un centro sociale di destra gli davamo fuoco… risultato ottenuto? Lo abbiamo chiuso, almeno quello”.

La stampa ha osservato come il reato confessato dal rapper dovrebbe essere caduto in prescrizione, ma in realtà Fedez ha anche incitato alla violenza (art. 414 del Codice Penale), e quindi si attendono notizie dalla Procura della Repubblica di Milano. Magari arriveranno, magari no, tutto può succedere nel Paese delle impunità. Buffon non ha incitato alla violenza e nemmeno si è riferito alle bombe, però nel corso del premio “Castagna d’Oro” si è lasciato andare ad un vecchio cavallo di battaglia del suo vecchio presidente Andrea Agnelli: “gli scudetti che ho vinto sono tredici e non undici, perché ci sono anche quelli vinti sul campo e poi revocati con Calciopoli”. Ma cosa si deve fare in questo Paese per chiedere scusa? Quando il nostro ego riesce finalmente ad ammettere una colpa? Cosa siamo diventati noi italiani di fronte alle responsabilità? C’è da chiederselo di fronte ad una inchiesta de “La Repubblica”, che ha pubblicato una serie di messaggi intercettati dei dirigenti del Napoli, a svelare una cosa nota da tempo: nel passaggio di Victor Osimhen dal Lille al Napoli nel 2020, di verificò un caso conclamato di plusvalenza fittizia, uno dei reati per cui è stato squalificato Andrea Agnelli.

La vicenda è nota, ma riassumiamola rapidamente: ufficialmente il club campano comprò l’attaccante nigeriano per 70 mln di euro, di cui 50 cash e 20 ricavati dalla la cessione ai francesi di Karnezis, portiere in quel momento con i guantoni quasi appesi al chiodo e tre giovani della “Primavera”. Gli investigatori della Guardia di Finanza così hanno concluso: “la costruzione dei valori da parte del Napoli era finalizzata al raggiungimento del valore nominale di 70 mln quale corrispettivo per Osimhen richiesto dal presidente del Lille”. Tradotto con parole semplice: gli investigatori stanno accusando il club azzurro di aver operato una plusvalenza fittizia, da qui la richiesta di rinvio a giudizio chiesto per Aurelio De Laurentiis e l’Amministratore Delegato Andrea Chiavelli per falso in bilancio.

La parte più comica, tra le carte della Guardia di Finanza consultate dal quotidiano romano, sono le dichiarazioni dei tre giovani “primavera” a suo tempo teoricamente venduti al Lille: “non ho mai avuto contatti con i dirigenti del Lille -è la risposta allo stesso modo dei tre calciatori- e non sono mai stato sottoposto a viste mediche. Mai andato in Francia”. Una giustizia sportiva a malapena decente di una federazione di un Paese con il rispetto del significato del decoro, avrebbe da che riaprire il caso a suo tempo frettolosamente archiviato, ma per il presidente della Corte Federale Giuseppe Chinè gli elementi raccolti nell’inchiesta della giustizia ordinaria, non sono sufficienti per riportare a processo il Napoli. Si vive senza senso di colpa e in un continuo raggirare regole che sono parte integrante della lealtà sportiva, regole forse senza un valore penale ma etico sicuramente sì. Vediamo cosa dice uno dei legali del Napoli: “quelle frasi riportate nelle intercettazioni sono state tratte da un contesto dialettico molto più ampio. Ossia, una normale interlocuzione tra un venditore e compratore. Ecco perché riteniamo che ai fini accusatori quelle affermazioni siano irrilevanti dal punto di vista probatorio”. Non siamo all’impunità da sghignazzo di Fedez, ma ci siamo molto vicini, e l’unica scusante da poter portare a sostegno di queste dichiarazioni surreali si può rintracciare solo nell’alta parcella di cui godono i penalisti di alto livello.

Non c’è decontestualizzazione che tiene, di fronte a queste parole del presidente del Lille: “pagherete un prezzo inferiore ma con valore nominale(nel documento si parla “di valore di facciata”) necessario per chiudere”. Cosa vuoi decontestualizzare o contestualizzare di fronte ad un concetto così chiaro? Sono tutti innocenti fino a prova contraria oppure sfacciati come le bombe di Fedez, e quindi si ritorna alle parole di Buffon, ovvero uno stipendiato di quella Federazione che, attraverso il suo tribunale federale, a suo tempo decise che quegli scudetti non erano stati conquistati sul campo, ma in altre situazioni non propriamente pregevoli. Nelle motivazioni della sentenza della Cassazione che hanno portato alla revoca dei due scudetti alla Juventus, si parla di “associazione a delinquere, la cui finalità era commettere più delitti, in particolare la frode in competizioni sportive” e “di frode sportiva generica con condotta al tentativo di influenzare il risultato”. Inoltre la Corte ha sottolineato come “il sistema Moggi avesse inquinato l’intero panorama calcistico, compromettendone la lealtà e la correttezza”. Di fronte a motivazioni del genere uno dovrebbe, in relazioni ai fatti contestati, chiudersi nel silenzio più assoluto, e se proprio decide di parlarne la premessa di ogni sua considerazione dovrebbe essere una richiesta di scuse sentite, e non una rivendicazione di scudetti conquistati sul campo. Ci sarebbe bisogno di buona memoria nel nostro Paese, e una opportunità di farla sarebbe proprio quello di licenziare Buffon dal suo incarico per evidente indegnità etico/morale, per non saper riconoscere cosa si richiede a chi occupa un ruolo apicale all’interno di una istituzione.

Il suo essersi attribuito “una stupidità genuina”, che sarebbe con le nuove generazioni “la chiave per emozionarle e avere qualcosa in comune da condividere”, fa quasi tenerezza e genera stupore su quali siano stati i criteri di valutazione usati da Gabriele Gravina per assumere uno che dichiara di fondare proprio sulla stupidità i rapporti con i giocatori azzurri: “in questo sono abbastanza bravo, nel mio 80% di insensatezza riesco ad essere più stupido di loro e questa mia stupidità genuina fa sì che si crei questo link naturale”. A chi arriva a dire una cosa del genere, come fai a spiegare una sentenza come quella di Calciopoli? Fernando Pessoa sostiene che c’è dell’intelligenza nella stupidità con cui la maggior parte degli uomini vive la propria vita. Letto molti anni fa, sto ancora cercando di capire il senso di questo pensiero del grande scrittore portoghese. Forse sono uno stupido integrale.